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Caos Twitter tra licenziamenti e dimissioni

Il caso Twitter continua a far discutere. A poche settimane dal suo insediamento, Elon Musk ha licenziato oltre il 50% dei dipendenti, per poi ritrattare e far tornare alcuni lavoratori. Molti utenti stanno pensando di disiscriversi da social per andare altrove

Twitter: licenziati circa 3.700 dipendenti

Il caso Twitter continua a tenere banco sui media di tutto il mondo, per le scelte controverse che il suo neoproprietario, Elon Musk, sta facendo in queste settimane. Dopo aver acquisito il social network a fine ottobre, per 44 miliardi di dollari, il patron di Tesla ha avviato una campagna di tagli al personale a dir poco brutale.

Tremila settecento dipendenti, oltre la metà del totale, sono stati licenziati da un giorno all’altro, nel pieno del week end. La maggior parte di loro non ha ricevuto nemmeno una lettera di preavviso, ma ha scoperto il licenziamento perché non più in possesso dell’accesso ai propri indirizzi mail interni. Dai licenziamenti di massa, non si sono salvate nemmeno alcune figure apicali all’interno della gerarchia aziendale. Manager e dirigenti di arre cruciali come pubblicità e privacy sono stati scaricati o hanno abbandonato l’azienda di propria volontà.

Musk ha giustificato i licenziamenti come una priorità dovuta alla difficile (per non dire difficilissima) situazione finanziaria in cui gravita Twitter, per sua stessa ammissione “a rischio fallimento”. Il social di San Francisco ha chiuso in perdita otto bilanci degli ultimi dieci anni, faticando a trovare ricavi adeguati e stabili, soprattutto dalla pubblicità. Tuttavia, nei giorni scorsi, Musk è tornato sui propri passi richiamando alcuni ex dipendenti in ufficio. L’imprenditore di origini sudafricane, però, ha abolito lo smart working e, secondo voci di corridoio, chi è rimasto non se la passa troppo bene.

Da Meta ad Amazon, le aziende tech sono in crisi

Quello di Twitter non è un caso isolato. Il settore tecnologico, e in particolare dei social network, sta attraversando un momento di forte crisi, caratterizzato da perdite milionarie e licenziamenti a raffica.

Meta, la società che controlla Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger, nei giorni scorsi ha annunciato il licenziamento di 11 mila dipendenti, che corrispondono circa al 13% della forza lavoro complessiva. Secondo quanto riportano i media, alla lista delle big company in difficoltà si aggiungono colossi come Amazon, Booking.com, Getir, Microsoft e altri. Da inizio anno, nel settore sarebbero state licenziate circa 120 mila persone.

Le cause di tutti questi licenziamenti sono rintracciabili nei gravi errori di valutazione fatti durante la pandemia. Secondo le parole di Mark Zuckerberg, proprietario di Meta, nel corso degli ultimi due anni, le aziende tech hanno aumentato in modo consistente gli investimenti, per poi scontrarsi con una realtà diversa da quella che auspicavano. Il trionfo dell’e-commerce non si è avverato. Poi c’è stato il conflitto in Ucraina, il rallentamento dell’economia globale, l’inflazione e un forte calo degli introiti pubblicitari, come ha rivelato anche Musk.

Ora, però, a pagarne le spese sono soltanto i lavoratori.

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