La morte di Satnam Singh, il lavoratore indiano di 31 anni, avvenuta a seguito di un incidente nell’azienda agricola dove lavorava a Latina, ha nuovamente acceso i riflettori sulla tragica realtà del lavoro nero e sottopagato dei migranti. Come molti altri lavoratori stranieri, lavorava in condizioni estremamente precarie e senza alcuna tutela, una piaga che coinvolge in particolare il settore dell’agricoltura, ma anche ristorazione e edilizia.
Cos’è successo a Satnam Singh?
Lunedì 17 giugno, Satnam Singh stava preparando le serre per la coltivazione dei meloni, quando è rimasto intrappolato in un macchinario per avvolgere la plastica. La forte pressione ha causato la mutilazione di un braccio e la frattura di entrambe le gambe.
Invece di chiamare immediatamente i soccorsi, il datore di lavoro ha caricato Singh su un furgone e lo ha riportato a casa, lasciandolo di fronte al cancello. L’uomo è deceduto due giorni dopo, nonostante gli svariati tentativi dei medici di salvargli la vita. Singh era arrivato in Italia tre anni fa insieme alla moglie. Entrambi lavoravano nella stessa azienda, specializzata nella coltivazione di zucchine e angurie e non disponevano di un contratto regolare.
Sabato 22 giugno, a Latina, quasi cinquemila persone hanno presenziato alla manifestazione organizzata dai sindacati per la morte di Singh. Tra i partecipanti c’erano numerosi braccianti indiani, costretti anch’essi a lavorare in condizioni estremamente dure, con turni di lavoro fino a 14 ore al giorno e una paga tra i 3 e i 4,5 euro all’ora.
La realtà dei lavoratori stranieri in Italia tra lavoro nero e sfruttamento
La tragica morte di Satnam Singh ha inevitabilmente innescato un dibattito pubblico sulle condizioni di lavoro dei migranti in Italia.
I dati di ISTAT-RCFL 2023 evidenziano che un terzo degli occupati nei servizi pubblici, sociali e per le persone è di cittadinanza straniera. Mentre una percentuale significativa lavora nel settore dell’ospitalità e della ristorazione (17,4%, di cui il 13,5% è composto da cittadini non comunitari), nell’agricoltura (18% stranieri, 13,1% extra UE) e nell’edilizia (16,4% stranieri, 10,3% extra Ue).
Dal report emerge inoltre che nei settori della cura alla persona, dell’edilizia e dell’agricoltura sono presenti alti tassi di irregolarità a causa del lavoro nero e del cosiddetto lavoro “grigio”, ossia formalmente regolare, ma che contiene al suo interno degli elementi di irregolarità. L’irregolarità complessiva, quindi, è stimata all’11,3%, ma raggiunge il 23,2% nell’agricoltura e addirittura il 51,8% nel lavoro domestico.
Nel settore agricolo, in particolare, è diffusa la pratica della “sotto-dichiarazione” delle ore o delle giornate lavorate. Questo porta non solo all’evasione fiscale da parte dell’azienda, ma anche alla mancanza di tutele per i lavoratori, che potrebbero non avere accesso alle prestazioni di disoccupazione, malattia e maternità.
La piaga del caporalato
Un altro aspetto importante che emerge di continuo nel settore primario è quello del caporalato. Il caporale è un intermediario tra il datore di lavoro e i lavoratori, spesso coinvolti in situazioni di lavoro precario, senza contratti regolari e concondizioni di lavoro estreme.
I caporali sono responsabili di reclutare i lavoratori, trasportarli sul luogo di lavoro e organizzare ore e turni di lavoro. Molti di loro operano nell’illegalità, senza rispettare le normative sul lavoro e commettendo abusi nei confronti degli stessi lavoratori.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha stilato un piano d’azione per contrastare lo sfruttamento lavorativo e il caporalato. Esso si basa sull’utilizzo complementare delle risorse nazionali e comunitarie per coprire una vasta gamma di territori, obiettivi e interventi. Questa strategia è in linea con la programmazione pluriennale integrata 2021-2027. Tuttavia, tale fenomeno rimane ancora piuttosto diffuso e complesso da debellare, nonostante episodi come quelli di Satnam Singh non costituiscano soltanto un reato di per sè, ma un atto di crudeltà riprovevole e disumana.