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Disparità di genere

Disparità di genere: le donne guadagnano di più solo in miniera

La Rendicontazione di genere del Civ Inps evidenzia una disparità retributiva del 20% tra uomini e donne, con divari ancora più accentuati in alcuni settori. Nonostante il maggiore livello di istruzione delle donne, il tasso di occupazione femminile rimane tra i più bassi d’Europa, con una diffusa precarizzazione del lavoro.

Disparità di genere: il divario salariale sfiora il 20%, tra i più alti d’Europa

Secondo il Rendiconto di genere 2024 del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, la disparità di genere nel mercato del lavoro italiano rimane una criticità persistente. Il rapporto evidenzia che le donne percepiscono, in media, uno stipendio inferiore del 19,7% rispetto agli uomini. Dei diciotto settori economici analizzati, solo uno – l’estrazione di minerali da cave e miniere – presenta una retribuzione media giornaliera femminile leggermente superiore a quella maschile. Negli altri diciassette settori, il divario si fa più marcato, con punte del 39,9% nel settore immobiliare, del 35,1% nelle attività professionali scientifiche e tecniche e del 32,1% nelle attività bancarie e assicurative.

Il rapporto sottolinea che questa diseguaglianza di genere non si limita soltanto alla dimensione salariale, ma si estende a tutto il percorso lavorativo delle donne, che affrontano ostacoli significativi nel raggiungere posizioni di leadership e avanzamenti di carriera. La scarsa rappresentanza femminile nei ruoli dirigenziali è un ulteriore sintomo di un problema strutturale, che richiede soluzioni mirate e interventi normativi adeguati per colmare il gap esistente.

Formazione e occupazione: il paradosso delle laureate italiane

L’analisi condotta dal Civ Inps mette in evidenza un dato paradossale: le donne costituiscono il 62% dei laureati italiani nel 2023, superando numericamente gli uomini sia nei corsi di primo livello che in quelli magistrali e a ciclo unico. Tuttavia, questa superiorità numerica nel percorso accademico non si traduce in una maggiore occupabilità o in condizioni lavorative più vantaggiose. Il tasso di occupazione femminile in Italia è fermo al 52,5%, uno dei più bassi d’Europa, e resta significativamente distante dal 70,4% registrato per gli uomini.

Le laureate tendono a specializzarsi meno nelle discipline STEM, ossia scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, dove gli uomini sono più numerosi. Questa distribuzione influisce sulle opportunità di carriera e sul livello salariale medio. Inoltre, il tasso di inattività femminile, pari al 42,3%, supera di gran lunga quello maschile, attestato al 24,3%, segnalando una persistente difficoltà per le donne a entrare e rimanere stabilmente nel mercato del lavoro in Italia.

Precarietà e part-time involontario

Un ulteriore aspetto cruciale evidenziato dal report è la diffusione del lavoro part-time tra le donne. Il 64,4% delle lavoratrici ha un contratto a tempo parziale e il 15,6% di esse dichiara di lavorare in questa modalità non per scelta, ma per mancanza di alternative. Questo fenomeno, noto come part-time involontario, colpisce in misura nettamente inferiore gli uomini, dove si attesta al 5,1%. L’incidenza del lavoro part-time riduce ulteriormente la retribuzione media annua femminile, ampliando la disparità economica e limitando le possibilità di crescita professionale.

A fronte di questi dati, il presidente del Civ Inps, Roberto Ghiselli, ha sottolineato la necessità di un’azione concertata da parte delle istituzioni, del mondo politico e delle associazioni di categoria per superare queste barriere. Intervenire sulla disparità di genere non significa solo correggere il divario retributivo, ma affrontare tutte le dimensioni del problema, dai modelli organizzativi alle politiche familiari e culturali. Solo attraverso un approccio integrato sarà possibile tradurre i timidi progressi degli ultimi anni in un’effettiva affermazione della parità di genere nel mondo del lavoro.

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