In un mercato del lavoro profondamente cambiato, la formazione rappresenta l’unica via percorribile per garantire ad aziende e professionisti un futuro. Tanto che oggi si parla di lifelong learning. Ma in Italia a che punto siamo?
Entro il 2030, i giovani di oggi faranno un lavoro che ancora “non esiste”, questo perché circa “l’85% dei posti di lavoro che esisteranno nel 2030 non è stato ancora inventato”. A sostenerlo è stato nel lontano 2017 l’Institute for the Future (IFTF) in uno studio pubblicato da Dell Technologies.
Dal 2017 le cose sono cambiate ancora più velocemente del previsto a causa della pandemia che in poco tempo ha radicalmente cambiato il modo di lavorare, grazie anche a una spinta verso la digitalizzazione che ci ha fatto capire che si poteva lavorare da ovunque, rendendo superato il concetto di ufficio come eravamo abituati a conoscerlo.
Ed è proprio ora, in quest’epoca in cui le competenze si trasformano tanto rapidamente da sembrare impossibile restare al passo, che la formazione gioca un ruolo fondamentale. Eppure, i dati vedono l’Italia molto indietro rispetto ad altri Paesi europei.
Qualche numero? Secondo l’ultimo report relativo ai Paesi OCSE, il 33% dei lavoratori italiani riceve formazione continua contro il 45% dei francesi, il 56% degli spagnoli e il 62% dei tedeschi.
La mentalità che vede la formazione come un costo e una perdita di tempo è ancora troppo radicata nel nostro Paese. Ma perché è così e cosa si può fare per evitare che le imprese italiane, perdano l’occasione di restare competitive in un mercato globale sempre più ampio e in rapida evoluzione?
Abbiamo deciso di approfondire l’argomento con Simone Maggi, CEO di Gility, education technology company nata dalla partnership di BPER Banca e CDP Venture Capital, proprio per innovare la formazione continua nelle aziende, nello specifico nelle PMI. Una sfida che passa anche dal vincere reticenze iniziali da parte dai tanti piccoli imprenditori che restii a investire sui propri dipendenti.
Simone, mai come oggi la formazione è diventata imprescindibile. Da un lato perché l’AI e la tecnologia stanno rivoluzionando il nostro modo di lavorare e il rischio di avere competenze obsolete è alto, dall’altro perché le indagini sull’engagement ci dicono che i professionisti si aspettano e pretendono che le aziende per cui lavorano investano sulla loro formazione. Alla luce di questa situazione, perché l’Italia fatica a stare al passo con le altre grandi nazioni europee?
Sfortunatamente nel nostro Paese c’è ancora la percezione che la formazione sia un costo e che il dipendente che si forma nelle ore di lavoro perda tempo.
In realtà i numeri ci dicono che in Germania, dove si registra secondo l’OCSE la più alta percentuale di elargizione di formazione continua, non solo la produttività è alta, ma gli stipendi sono cresciuti negli ultimi decenni, cosa che non è avvenuta in Italia. Anzi, l’Italia è l’unico Paese europeo in cui i salari sono diminuiti dal 1990 al 2020, registrando un -2,9% contro il +33,70% della Germania.
In Italia scontiamo il fatto di pensare che la formazione si concluda con la scuola secondaria o con l’università e invece non è così.
A questo aggiungiamo che la formazione è indispensabile per la talent attraction e per la talent retention. Le persone vogliono continuare a imparare, hanno capito che la formazione deve rientrare fra i benefit aziendali e contribuisce in modo determinante al miglioramento della qualità del work-life balance oltre che del coinvolgimento delle persone in azienda.
Le grandi aziende hanno budget importanti che possono destinare alla formazione, ma non dobbiamo dimenticare che le PMI rappresentano praticamente l’80% del tessuto imprenditoriale italiano e in quelle realtà i budget sono spesso ben diversi. Il budget è il vero ostacolo alla diffusione della formazione nelle aziende?
Gility nasce proprio per colmare il gap sul fronte della formazione delle PMI e siamo convinti che con un prodotto innovativo si possa contribuire alla crescita delle persone, delle imprese e del Paese, quindi è un tema che mi sta particolarmente a cuore.
Ti do la mia personale visione della questione: la formazione costa, ma soprattutto costa se non la fai perché perdi in termini di produzione e di competitività sul mercato. Anche le piccole aziende se ne stanno rendendo conto. Ora, per esempio, ci chiedono corsi sull’AI perché sanno che se non formano il loro personale finiranno con l’essere superati dalle aziende concorrenti che invece investono su questo aspetto.
E aggiungo anche che dobbiamo toglierci dall’idea che la formazione debba essere necessariamente in presenza con un docente che per venire in azienda chiede 10.000 euro.
Oggi la formazione può essere erogata online e on demand in asincrono con costi molto più contenuti. E parlo di corsi selezionati e di qualità, in grado di coinvolgere attivamente chi li segue e si tratta di corsi che costano 100-150 euro.
Ora, io non credo che un imprenditore non abbia 100-150 euro da investire su una risorsa in un anno.
In più a disposizione delle aziende ci sono dei fondi interprofessionali destinati proprio a finanziare la formazione aziendale.
Basta davvero poco: come mettere qualcosa da parte per alimentare un conto formazione per trovarsi a fine anno con un budget da destinare all’upskilling e al reskilling delle proprie persone.
Spesso però gli stessi imprenditori non sanno di avere a disposizione questi finanziamenti, e qui si apre un tema anche di formazione su queste opportunità assolutamente gratuite per migliorare le competenze dei propri lavoratori.
In Gility cerchiamo di fare educazione anche su questo aspetto, oltre che sulla cultura dell’apprendimento in generale, e di colmare pure questo gap.
In base alla vostra esperienza, l’abitudine in passato molto diffusa di fare formazione solo a C-level o a categorie specifiche di dipendenti è stata superata?
Non ho numeri precisi, ma la tendenza è ancora quella di investire su alcune figure, spesso quelle apicali, di rilievo, ma anche quelle che stanno performando meglio. Sempre più aziende, abbiamo notato, fanno rientrare la formazione in una logica di premio incentivazione.
Se, per esempio, un’azienda ha destinato un fondo di 5.000 € per un corso di aggiornamento, lo destina alle persone più meritevoli, a prescindere dal ruolo.
Del resto le competenze sono sempre più integrate e trasversali. Pensiamo alla conoscenza dei social media, utile anche per chi si occupa di vendite o marketing anche se magari non gestisce direttamente le pagine social dell’azienda.
La formazione stessa è integrata, soprattutto quando riguarda la digital transformation, campo in cui può avere delle grandi implicazioni all’interno dell’azienda, in termini di know how, di produttività e dunque anche di fatturato.
Ecco allora che investire sulle competenze delle persone diventa un investimento con un ritorno, magari non immediato, ma decisivo a medio-lungo termine.
Le aziende oggi devono pensare a formare persone per i prossimi vent’anni, persone che spesso proprio perché vedono che l’azienda investe su di loro.
Hai citato l’importanza della digital transformation, quali altre competenze in questa fase storica sono indispensabili?
Sicuramente sarà sempre più importante imparare a usare l’intelligenza artificiale. Dobbiamo formare persone in grado di guidare le macchine, per non risultare superati come accadde alle carrozze quando arrivarono le automobili.
Un altro cluster importante è quello del soft skill, le cosiddette competenze trasversali, quindi dotare le persone di strumenti per dirimere i conflitti lavorativi, migliorare la capacità di essere empatici, l’organizzazione, la comunicazione, l’approccio al lavoro e alle relazioni.
Poi un grande tema è la cyber security, soprattutto per alcune tipologie di aziende: in un mondo sempre più interconnesso, la sicurezza informatica è ormai imprescindibile
Un evergreen sono le lingue, ormai fondamentali: non solo ad esempio inglese, spagnolo e francese per dialogare meglio con l’estero, ma anche l’italiano per stranieri, che in una società sempre più multiculturale e inclusiva permette una migliore integrazione.
Un piccolo seme coltivato in una persona può creare un effetto foresta per l’azienda.
La formazione è tanto più efficace quanto più è personalizzata. La tecnologia aiuta o è un ostacolo nella personalizzazione dei corsi di apprendimento?
Secondo me siamo ancora un po’ indietro negli automatismi in questo settore, per questo in Gility più che nell’automazione crediamo nell’aspetto umano.
Nel mondo della formazione, si deve pensare prima a cosa serve l’azienda e alle persone.
Avere un consulente che parla direttamente con l’azienda e capisce esattamente quali sono le necessità e le esigenze di apprendimento è un immenso valore aggiunto.
Gli automatismi sono efficaci invece nella produzione dei contenuti, che devono essere sempre aggiornati, anche molto velocemente visto il ritmo con cui cambiano le cose.
Le grandi aziende si stanno dotando di una loro Academy interna. Secondo me può essere un trend che andrà sempre più a diffondersi in Italia?
Avere un Academy interna è possibile oggi soltanto a poche grandi aziende molto strutturate: parliamo di costi elevati e importanti risorse da dedicarvi. Per una PMI è ben più complicato, per questo è strategico per le imprese più piccole rivolgersi a realtà come Gility.
È proprio la scelta di rivolgervi alle PMI che vi sta permettendo di crescere così velocemente?
Sì, siamo arrivati al nostro primo anno di vita con già 23 persone in organico che coprono tutti gli aspetti legati proprio al mondo della formazione aziendale con l’obiettivo di creare uno strumento che possa rispondere a tutte le esigenze della piccola media impresa, proponendo formazione on demand aggiornata, corsi asincroni che si possono fruire quando vuole, in modo da garantire la massima flessibilità. Recentemente abbiamo lanciato anche dei corsi live.
Rispondiamo in particolare alle esigenze di formazione obbligatoria e finanziata, ma ci stiamo strutturando per ampliare l’offerta formativa, operando come marketplace e dunque selezionando ed erogando i corsi dei più autorevoli e specializzati enti formativi, i più all’avanguardia in termini di instructional design.
L’obiettivo infatti è quello di fornire la migliore formazione sul mercato. Per questo ci siamo svincolati dalla necessità di avere un docente in presenza. Se il miglior docente di AI vive e lavora a Bari vogliamo che possa fare formazione a tutte le imprese che hanno bisogno di quel tipo di know how, senza vincoli geografici e costi di viaggio. Solo così siamo certi della qualità che offriamo.
Per ottenere un accesso gratuito a Gility, basta compilare questo form e chiedere una demo con i nostri esperti: https://www.gility.it/demo
(Contenuto realizzato in collaborazione con Gility)