di:  

giovani italiani

Giovani italiani in fuga: sono 550 mila in 13 anni

Secondo un rapporto di Fondazione Nord Est, tra il 2011 e il 2023, circa 550 mila giovani italiani tra i 18 e i 34 anni sono emigrati all’estero. La maggior parte di loro è espatriato per trovare migliori opportunità di lavoro, studio, formazione e salario.

Giovani italiani all’estero: il 25% espatria per lavoro

Non accenna a diminuire il numero degli italiani che ogni anno decidono di trasferirsi all’estero. È quanto emerso da un recente rapporto di Fondazione Nord Est, “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, presentato al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) lo scorso 23 ottobre.

Stando ai dati, tra il 2011 e il 2023, circa 550 mila giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni sono emigrati all’estero. Ma non finisce qui: il 35% di quelli attualmente residenti nel Nord Italia si dichiara pronto a emigrare, complice la scarsa attrattività del nostro Paese.

Nella classifica europea, l’Italia si colloca infatti all’ultimo posto per capacità di attrarre i giovani, con solo il 6% dei giovani stranieri in entrata. Si tratta di una percentuale ben lontana dal 34% della Svizzera e dal 32% della Spagna. Per ogni giovane che entra nel nostro Paese, otto giovani italiani decidono di andarsene.

La principale motivazione di emigrare all’estero risiede nella possibilità di trovare migliori opportunità lavorative (25%), migliori opportunità di studio e formazione (19,2%), una migliore qualità di vita (17,1%) e, infine, la possibilità di guadagni più elevati (10%). A tal proposito, i dati dimostrano che l’80% dei giovani expat è occupato, rispetto al 64% dei coetanei che risiedono ancora nel Nord Italia.

Giovani expat: necessità o scelta?

Suddividendo i giovani espatriati in due categorie, sulla base delle origini familiari e del percorso di studi, emergono differenze significative.

I giovani espatriati, in condizioni di partenza sfavorevoli e che possiedono al massimo il diploma superiore, sono per lo più emigrati per necessità e presentano un tasso di disoccupazione del 7% (comunque inferiore a quello dei coetanei residenti nell’Italia settentrionale). Il 58,2% di loro è impiegato in professioni che includono tecnici, personale qualificato nei servizi, operai specializzati, semi-specializzati e in ruoli privi di qualifica.

Al contrario, i giovani italiani espatriati in condizioni di partenza favorevoli hanno generalmente deciso di lasciare l’Italia per scelta. In questo caso, il tasso di disoccupazione scende all’1%, mentre le professioni più gettonate sono quelle intellettuali o impiegatizie.

L’aspetto che accomuna entrambe le categorie, però, riguarda la volontà di non tornare nel nostro Paese. In particolare, per l’assenza di opportunità lavorative (34,3% tra coloro che sono emigrati per necessità e 37,2% tra chi è partito per scelta). Per i primi, seguono la percezione di un’Italia che non offre spazio ai giovani (27,9%) e una qualità della vita migliore all’estero (19,8%). Per i secondi, invece, segue la percezione dell’Italia come un Paese culturalmente chiuso e poco internazionale (23%).

La mancanza di attrattività dell’Italia

Il rapporto di Fondazione Nord Est ha evidenziato anche un altro grande problema dell’Italia: il nostro Paese, infatti, manca di attrattività non solo per chi se ne è andato, ma anche per chi ancora ci vive.

Sia gli expat, che i residenti, concordano nel bocciare le politiche giovanili, sul lavoro, sulla famiglia e sulla cultura imprenditoriale italiana. Entrambe le categorie valutano negativamente i salari, le scarse opportunità nei settori innovativi e le limitate prospettive di crescita personale. La meritocrazia, però, è il punto più critico, rappresentando uno scarto di attrattività pari al -53,7% per i giovani residenti e al -84,9% per gli emigrati all’estero.

Le divergenze tra i due gruppi emergono su temi come i servizi alla famiglia, il welfare e la qualità della formazione, giudicati meno severamente dai residenti rispetto agli expat. Inoltre, mentre i residenti apprezzano i servizi sanitari e la qualità delle università italiane, gli expat ne danno una valutazione più negativa. L’unico punto a favore dell’Italia per entrambe le categorie riguarda l’arte e l’offerta culturale.

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO!