Google rinuncia allo smart working: pronti 7 miliardi di dollari da investire in immobili nel 2021 per favorire il ritorno dei dipendenti in ufficio
Mentre la maggior parte delle aziende guardano allo smart working come modello organizzativo e operativo per il futuro, per alcune non è così. È il caso di Google, il più grande motore di ricerca al mondo, che intende porre fine al lavoro da remoto. Una chiamata in ufficio rivolta a tutti i dipendenti. La Big Tech è pronta ad investire 7 miliardi di dollari per la realizzazione di nuovi immobili negli Stati Uniti e in California nel 2021. Secondo il Ceo di Alphabet, Sundar Pichai, l’ufficio “serve a costruire comunità e cultura aziendali. Incontrarsi di persona per collaborare è al centro della cultura in Google”.
Nonostante i numeri evidenzino il successo dello smart working, quello di Google è un pensiero condiviso anche da altre importanti organizzazioni, come ad esempio le principali banche di Wall Street. Il lavoro da remoto ha contribuito a ridurre i costi delle trasferte e delle cene aziendali, senza intaccare sugli introiti del 2020. Tuttavia, il problema, manifestato dalla maggior parte dei top manager, risiede nella difficoltà di fare squadra e di arginare alcune problematiche. Secondo Jamie Dimon, presidente e Ceo di JPMorgan Chase, l’esperienza di smart working è da considerarsi fallimentare, poiché “deprime la creatività e rallenta l’apprendimento delle nuove reclute”. Inoltre, il lavoro da remoto “ha indebolito il controllo del management sulle operazioni di trading e aumentato l’esposizione degli istituti di credito agli attacchi informatici”.