Al datore di lavoro spetta la responsabilità di assicurare ai propri dipendenti un ambiente di lavoro sicuro e di fornire le corrette misure di sicurezza. Tuttavia, ci sono situazioni in cui il comportamento “abnorme” del lavoratore può contribuire all’incidente sul luogo di lavoro. Cosa s’intende con comportamento “abnorme”? Ce lo spiega la Cassazione.
Comportamento “abnorme”: cosa dice la Cassazione
In caso di infortunio, molto spesso si tende ad attribuire la colpa al datore di lavoro senza considerare, invece, le responsabilità del dipendente. Tuttavia, la legge punisce anche quei lavoratori che, nonostante le misure di sicurezza messe in atto dall’azienda, agiscono in modo imprudente e sconsiderato.
Con la sentenza n. 46841/2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in presenza di determinate condizioni, il datore di lavoro può essere esentato da qualsiasi responsabilità penale. Ciò avviene nel caso in cui il comportamento del lavoratore sia da considerarsi “abnorme”.
Secondo gli ermellini, un comportamento si definisce “abnorme” nel momento in cui risulta imprevedibile per il datore di lavoro. Ad esempio, se un lavoratore decide spontaneamente di non utilizzare le misure di sicurezza imposte dall’azienda, tale comportamento può essere considerato “abnorme”.
Un comportamento “abnorme” è tale anche se il pericolo che ne deriva è al di fuori della sfera di controllo del datore di lavoro. Ciò significa che il comportamento del lavoratore può aver attivato rischi che non sono sotto il diretto controllo e responsabilità dell’azienda. Infine, un comportamento può essere considerato “abnorme” se eseguito in un contesto diverso rispetto alle mansioni affidate al lavoratore. Ciò avviene nel caso in cui un dipendente abbia operato in modo autonomo o in modo estraneo alle responsabilità lavorative assegnate.
Ovviamente, va sottolineato che il datore di lavoro ha il dovere di garantire la sicurezza dei suoi dipendenti. Questo significa, tra le altre cose, fornire le adeguate misure di sicurezza, rendere il luogo di lavoro il più sicuro possibile e assicurarsi che le regole vengano rispettate. D’altro canto, i lavoratori hanno il dovere di seguire le indicazioni fornite dal datore di lavoro e di utilizzare correttamente le misure di sicurezza.
Il caso
Il caso preso in esame dalla Corte Suprema riguarda un operaio che, durante i lavori di pulizia di un edificio comunale, è salito al primo piano dello stesso per valutare l’attività da svolgere ed è caduto dalle scale ferendosi. Il titolare dell’impresa responsabile dei lavori è stato condannato per negligenza e imprudenza, ma ha presentato subito ricorso alla Cassazione.
La difesa dell’azienda ha sostenuto che il lavoratore avrebbe agito in modo “abnorme” e che la responsabilità dell’accaduto sarebbe dovuta ricadere sul committente, ossia l’ente comunale. Tuttavia, la Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che il comportamento del lavoratore non era da considerarsi “abnorme” e che il datore di lavoro doveva prendere le misure di sicurezza necessarie per evitare il rischio di un incidente sul lavoro.
La responsabilità del Comune non escludeva la responsabilità del datore di lavoro, in quanto entrambi avevano il dovere di garantire la sicurezza dei lavoratori, in accordo con il principio della c.d. “causalità additiva”.