Secondo un’analisi del Fondo Monetario Internazionale, l’intelligenza artificiale rivoluzionerà il mondo del lavoro. Il 40% delle professioni cambierà radicalmente, aumentando le disuguaglianze salariali e quelle tra i Paesi.
L’intelligenza artificiale potrebbe far scomparire per sempre alcune professioni? In parte sembra che questo stia già accadendo. In Cina il colosso Bluefocus Intelligent Communications Group Co. ha annunciato che sostituirà parte della sua forza lavoro con dei chatbot. Dello stesso pensiero pare sia anche il Ceo di IBM Arvind Krishna, il quale fa sapere che entro cinque anni il 30% del suo back office potrebbe dover lasciare il proprio posto all’AI.
Le previsioni del Fondo monetario internazionale
Secondo uno studio realizzato dal Fondo monetario internazionale (FMI), il 40% dei posti di lavoro attuali potrebbe subire dei profondi cambiamenti, con un conseguente aumento delle disuguaglianze salariali tra professionisti e tra Paesi.
L’intelligenza artificiale – si legge – avrà enormi ripercussioni in tutto il mercato del lavoro, colpendo:
- fino al 60% dei posti di lavoro nei Paesi economicamente avanzati come Europa e Stati Uniti;
- il 40% delle professioni in mercati emergenti come Cina, Brasile e India;
- il 26% dei lavori negli Stati a basso reddito.
Quali lavori sono a rischio a causa dell’Intelligenza artificiale?
In base all’analisi effettuata dal FMI (Fondo Monetario Internazionale), i lavori meno a rischio sostituzione sono quelli che presentano un’alta complementarietà con l’intelligenza artificiale. In tutti questi casi, infatti, la tecnologia accompagnerà le persone con un alto grado di responsabilità, come chirurghi, avvocati e giudici. Al contrario, potrebbe far sparire operatori di telemarketing, venditori e artisti, che invece hanno minore complementarietà rispetto all’AI.
Per la direttrice generale Kristalina Georgieva “Nella maggior parte degli scenari l’intelligenza artificiale peggiorerà la disuguaglianza complessiva”.
La relazione, infatti, evidenzia che l’AI probabilmente favorirà i lavoratori più benestanti, creando ulteriore disuguaglianza salariale. Le persone ad alto reddito aumenteranno i propri guadagni, mentre la condizione della classe media potrebbe peggiorare. Per evitare che ciò accada, il Fmi suggerisce di istituire reti di sicurezza sociale che “offrano programmi di riqualificazione per i lavoratori vulnerabili”.
Il divario crescerà non solo tra i lavoratori, ma anche tra i Paesi in via di sviluppo e quelli più avanzati: i secondi progrediranno, mentre i primi potrebbero veder crescere ulteriormente il gap già esistente.
Il documento prosegue la sua analisi sottolineando che grazie all’intelligenza artificiale sarà possibile migliorare la produttività. Questo, tuttavia, potrebbe andare a discapito di alcuni professionisti, considerati non più indispensabili per lavori meccanici e ripetitivi. Riducendo la domanda di lavoro, diminuirà di conseguenza il salario e il numero di assunzioni.
Intelligenza artificiale: alcuni studi a confronto
Già a marzo 2023, Goldman Sachs aveva pubblicato una sua analisi sul tema, evidenziando come di fatto l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire 300 milioni di lavoratori a tempo pieno. Secondo l’Università della Pennsylvania le percentuali sarebbero invece diverse: per gli esperti l’AI influenzerà il lavoro dell’80% delle persone, mentre il restante 20% subirà comunque un cambiamento radicale per tempi, modi, salario e offerta di lavoro. A differenza di quanto previsto dal Fmi, tuttavia, lo studio evidenzia che l’impatto maggiore riguarderà le professioni ad alto reddito, mentre resisteranno quelle manuali. In base a questo studio, dunque, muratori, idraulici, cuochi e baristi non dovranno preoccuparsi delle conseguenze che l’intelligenza artificiale potrebbe apportare nel mondo del lavoro.
Con le sue numerose potenzialità, l’intelligenza artificiale porterà dunque a grandi opportunità ed effetti positivi. Ciononostante, occorre avere presente quali sono le relative preoccupazioni a cui si dovranno trovare soluzioni concrete.