L’Italia è attrattiva per i talenti stranieri e come frenare la fuga di cervelli italiani? Ne abbiamo parlato con Francesca Parvizyar, insignita con l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano per la sua attività di sviluppo di relazioni economiche e culturali fra Italia e USA.
Un ponte fra i talenti made in Italy e USA: quando creare relazioni economiche e culturali vale l’Ambrogino d’oro
Secondo l’Expat City Ranking, la classifica delle città più apprezzate da chi si trasferisce all’estero per lavoro, Roma è solo al 41esimo posto e Milano si trova al 44esimo posto.
Il sondaggio, svolto annualmente da Expat Insider di InterNations, che con 4,5 milioni di membri in 420 città in tutto il mondo rappresenta la più grande comunità di lavoratori all’estero, ha coinvolto 11.970 intervistati che hanno messo sul podio Valencia, Dubai e Città del Messico.
A scoraggiare i professionisti stranieri venuti in Italia per lavoro sono la burocrazia troppo farraginosa, la mancanza di prospettive di carriera e il costo della vita.
Questo risultato unito alla fuga di cervelli italiani verso l’esterno sottolinea l’importanza per l’Italia di diventare fortemente attrattiva per i talenti di casa, che devono poter avere le condizioni per restare, e per chi invece nel Bel Paese viene per lavoro ma con la voglia di mettere radici.
Cosa serve? Innanzitutto, legami, relazioni, scambi costruttivi per consolidare la reputazione dell’Italia all’estero e per creare un ponte fra i continenti. Un’opera di connessione così preziosa da valere l’Ambrogino d’oro (la massima onorificenza concessa dal Comune di Milano a chi ha reso lustro alla città) a Francesca Parvizyar, dal 2015 Ambasciatrice della città di Chicago a Milano e Membro della Commissione Milano delle Sister Cities International, rete diplomatica che crea e rafforza partnership tra Stati Uniti d’America e comunità internazionali.
Chi è Francesca Parvizyar?
Francesca Parvizyar ha sempre avuto un’attenzione particolare alla valorizzazione dei ragazzi talentuosi, portando quelli italiani all’estero e quelli stranieri in Italia. Questi alcuni dei suoi progetti:
- Nel 2021 ha ideato il Programma di scambio culturale Milano – Chicago 2022 dedicato ai giovani studenti del liceo “Alessandro Manzoni” di Milano
- Nel 2020 ha lanciato il Progetto di Selezione “Miglior studentessa” nei licei milanesi per la partecipazione al Forum delle studentesse migliori a livello mondiale e ha assegnato il premio “Gaetena Agnesi” alla migliore studentessa
- nel 2019 è stata l’organizzatrice del progetto “Chicago > Milano – Ponte di Bellezza solidale” dedicato ai giovani per la promozione, l’impegno e lo studio del canto e della musica
- nel 2018 ha organizzato il progetto “CivicDesign”, ricerca congiunta sviluppata dal Dipartimento di Design del Politecnico d Milano e l’Institute of Design of the Illinois Institute of Technology of Chicago e ha ideato “Family Dress”, sfilata di moda che simboleggia il gemellaggio tra Milano e Chicago in collaborazione con NABA Nuova Accademia di Belle Arti
Chi non conosce l’iconico Bosco Verticale dell’architetto Stefano Boeri? Ebbene, Parvizyar è stata responsabile del progetto “The Flying Gardeners” del Bosco Verticale di Milano presentato presso la Shanghai Urban Space Art Season, The State of the Art of Architecture e vincitore del premio “Grattacielo più bello del mondo” a Chicago.
Un’attività di promozione anche culturale dell’Italia all’estero che le è valsa due medaglie d’oro: una per il Premio Nazionale “Primavera della Poesia” dedicato ad Alda Merini, patrocinato dal Comune di Milano e premiato dall’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per i giovani talenti della scrittura poetica, l’altro per il progetto internazionale “Waiting for Verdi” in collaborazione con il Comune di Milano, Ministero dei Beni Culturali e Presidenza della Repubblica nel bicentenario di Giuseppe Verdi e nell’anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti d’America dedicato alla promozione di giovani talenti della musica italiana.
L’abbiamo incontrata per farci raccontare come è riuscita e riesce a consolidare l’immagine dell’Italia negli States.
Francesca, come ha iniziato a creare connessioni fra Italia e USA?
Ho iniziato con Chicago nel 2012 quasi casualmente, in quel momento organizzavo grandi eventi culturali legati a Milano per i giovani talenti della musica, sono stata infatti una cantante lirica, e ho sentito il desiderio di creare un progetto che andasse dall’altra parte del mondo negli Stati Uniti, a Chicago, appunto. Non tutti sanno che Chicago e Milano hanno una grande storia di gemellaggio che inizia nel 1973.
Ho capito subito che Chicago era una città sulla quale puntare perché è una città molto interessante, molto bella, molto elegante, con una vita culturale vivissima e poi con una storia economica importanti, si pensi alla Borsa delle materie prime. Ed è una città a cui sono stati legate tante figure politiche di spicco, si pensi a Obama, ma anche ai Clinton e ai Kennedy.
Qui portai il mio evento internazionale “Waiting for Verdi” e vi partecipò il console generale di allora, Adriano Monti, italiano, con una grande visione e fervida intelligenza. Dopo qualche giorno, ricevetti l’invito alle Sisters Cities della City of Chicago dall’ufficio del sindaco, poi mi vollero incontrare privatamente a City Hall e mi dissero che erano rimasti impressionati dal mio progetto e mi proposero di diventare la loro ambasciatrice culturale a Milano.
Tessere relazioni fra Milano e Chicago l’ha portata a ottenere l’Ambrogino, come la fa sentire questo riconoscimento così importante?
In questa attività ci ho messo tutta la mia storia di musicista, di donna e di madre. Ci sono stati dei momenti in cui giravo per la città a consegnare gli inviti a piedi, chiamavo la Presidenza della Repubblica fingendomi la mia assistente, facevo tutto io, insomma mi ci sono dedicata completamente. E questo Ambrogino mi ripaga di tutte le difficoltà superate e della fatica fatta.
Quali sono state le tappe fondamentali del suo lavoro di sviluppo di relazioni internazionali?
In quanto ambasciatrice di Chicago a Milano, ho iniziato a fare la spola fra le due città fino a quando arrivò l’Expo e la città di Chicago diede a me l’onore di rappresentarla in quell’occasione.
Da ambasciatrice culturale l’allora sindaco Rham Emanuel mi diede il ruolo di co-chair della commissione Milano delle Sister Cities InternationaL, un ruolo fino al mio arrivo assegnato esclusivamente ad americani.
Una grande soddisfazione che si consolidò in occasione del progetto “The Flying Gardeners” con il Bosco Verticale di Milano vincitore del Premio “Grattacielo più bello del mondo” a Chicago.
Grazie a questi incredibili successi mi resi conto che potevo lavorare sulla reputazione dei progetti italiani di qualità e portarli all’estero, curando le relazioni istituzionali, creando collaborazioni e occasioni di business tra le imprese italiane e quelle americane.
Quali progetti sta seguendo in questo momento?
Ora ho la carica di portavoce della comunità italo-americana di Chicago e sto lavorando a un rilancio del brand Italia negli Stati Uniti, aprendomi anche ad altre città come New York e Washington.
Sto pensando di creare una realtà partecipata da istituzioni e da imprenditori americani legati all’Italia, ma non per forza di origine italiana. In America, infatti, c’è anche un grande amore per l’Italia da parte di persone di origini diverse che vivono negli USA, perché non coinvolgerle in progetti comuni?
Cosa dovrebbe fare l’Italia per essere più attrattiva per l’estero e per far tornare i nostri cervelli in fuga?
L’Italia è assolutamente attrattiva per l’estero. C’è solo forse un po’ di diffidenza. È importante che gli italiani si relazionino con umiltà, rispettando le regole delle altre comunità, consapevoli dei propri mezzi, di quello che possono fare, usando l’intelligenza tipica degli italiani e non la furbizia che a volte fa commettere errori.
I professionisti italiani sono apprezzatissimi in America. Pensi che negli ultimi due anni c’è stato un aumento del 25-30% di figure che sono andate a lavorare nelle città americane e l’America li accoglie a braccia aperte perché c’è qualità e competenza.
Del resto, l’Italia ha fatto tantissimo e che sta continuando a fare molto per gli Stati Uniti con talenti italiani negli ospedali, nelle startup, nell’innovazione, nella tecnologia.
Per evitare che i giovani se ne vadano invece il mio consiglio è quello di dedicarsi di più ai ragazzi, iniziando dalle università. Le nostre università sono le migliori al mondo. Dobbiamo occuparci dei talenti già dai banchi di scuola, coltivarli e aiutarli. Proporre loro degli stage, anche in società partecipate dallo Stato, pagandoli adeguatamente, gratificandoli come è giusto sia, utilizzando più fondi possibili, mettendo in atto una sana collaborazione fra pubblico e privato.
Se non li gratifichiamo economicamente, fin da subito, se chiediamo loro di lavorare gratuitamente, dandogli due pacche sulla spalla, i ragazzi scappano via e fanno bene.
Ricominciamo da noi “italiani, brava gente”, perché è così che siamo: delle brave persone, con la nostra intelligenza e il nostro cuore grande che devono concretizzarsi in risorse e in uno snellimento di tutte quelle pratiche burocratiche inutili che rendono tutto più complicato.