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Italia: ultima in UE per occupazione dei neolaureati

Un recente report di Eurostat ha evidenziato le difficoltà del sistema Italia nel garantire un futuro lavorativo ai giovani. Il nostro Paese, infatti, è ultimo in Europa per tasso di occupazione di neolaureati e neodiplomati, dietro a Grecia e Romania.

Allarme occupazione neolaureati: solo il 67,5% trova lavoro

L’Italia è il Paese in Europa con il tasso di occupazione più basso tra i giovani neolaureati e neodiplomati: è quanto emerso da un recente report di Eurostat per il 2023.

Lo studio ha evidenziato che solo il 67,5% dei giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni, che hanno completato gli studi negli ultimi tre anni, è riuscito a trovare un impiego. Questo dato, che relega l’Italia all’ultimo posto nella classifica europea, rappresenta un serio campanello d’allarme per il futuro del nostro Paese, soprattutto se confrontato con la media europea dell’83,5%.

In cima alla classifica si trovano Paesi come Malta, Paesi Bassi e Germania, che vantano tassi di occupazione di neolaureati e neodiplomati superiori al 90%. Inoltre, la situazione è particolarmente preoccupante se consideriamo che altri Paesi dell’Unione Europea, come la Grecia (72,3%) e la Romania (74,8%), pur non eccellendo riescono comunque a garantire un accesso al lavoro ai giovani in misura significativamente maggiore rispetto all’Italia.

L’emergenza occupazionale e le conseguenze economiche

Il problema dell’occupazione giovanile in Italia è particolarmente grave, non solo per le immediate conseguenze sui giovani, ma anche per l’intero sistema economico del Paese. Con un tasso di assorbimento dei neolaureati così basso, l’Italia rischia di compromettere la propria competitività a livello internazionale. Questo dato, inoltre, si inserisce in un contesto già difficile, caratterizzato da un tasso di natalità in declino e da una popolazione sempre più anziana. Il mancato inserimento dei giovani nel mercato del lavoro potrebbe, nel lungo termine, aggravare ulteriormente la sostenibilità del sistema pensionistico e ostacolare la crescita economica del Paese.

L’incapacità del mercato del lavoro italiano di assorbire i giovani laureati rappresenta una delle principali criticità che affliggono l’economia nazionale. La perdita di risorse altamente qualificate potrebbe infatti spingere i giovani a cercare opportunità all’estero, accelerando il fenomeno della “fuga dei cervelli”, che già affligge il nostro Paese da diversi anni. Inoltre, questa situazione crea una pressione aggiuntiva sul sistema di welfare, poiché un numero crescente di giovani rimane dipendente dalle famiglie o dalle istituzioni pubbliche per un sostegno economico.

La necessità di un intervento strutturale

Di fronte a questi numeri, è evidente che l’Italia necessita di un intervento strutturale per migliorare l’occupabilità dei giovani. Le politiche attuali sembrano insufficienti a garantire un accesso adeguato al mondo del lavoro, nonostante la crescita del tasso di occupazione rispetto al 2022 (+2,7%). È fondamentale investire maggiormente nell’istruzione e nella formazione, creando un legame più forte tra università e aziende, per assicurare che le competenze acquisite durante il percorso di studi siano effettivamente valorizzate nel mercato del lavoro.

Una delle possibili soluzioni potrebbe essere l’incentivazione di stage e tirocini retribuiti, che possano facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, offrendo loro esperienze pratiche direttamente correlate al percorso di studi. Inoltre, sarebbe opportuno rafforzare le politiche di orientamento professionale all’interno degli atenei, al fine di aiutare i giovani a scegliere percorsi formativi che offrano reali prospettive occupazionali.

In parallelo, le autorità dovrebbero considerare l’introduzione di incentivi fiscali per le aziende che assumono neolaureati, soprattutto in settori strategici e ad alto valore aggiunto, come quello tecnologico e dell’innovazione. Solo attraverso un approccio integrato sarà possibile invertire la rotta e garantire un futuro più solido ai giovani italiani e, di conseguenza, al Paese nel suo complesso.

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