Diversi studi scientifici hanno evidenziato che la tendenza a lamentarsi produce effetti negativi sul cervello, riducendo le capacità di problem solving
Le lamentele non solo non portano a nulla, ma danneggiano anche le capacità intellettive. Lo riferiscono diversi studi scientifici che dimostrano quanto sia deleterio lamentarsi, soprattutto se lo si fa di continuo. I ricercatori concordano sul fatto che le polemiche danneggiano il cervello, riducendo le capacità di apprendimento, problem solving, ragionamento e giudizio. L’abitudine a lamentarsi innalza il livello di stress. Di conseguenza l’attività neuronale aumenta e il cervello lavora il doppio. Ne deriva un continuo senso d’insoddisfazione e stanchezza, negatività e chiusura verso gli altri. Si istaura un circolo vizioso che può portare all’isolamento e in alcuni casi anche alla depressione.
In un ambiente di lavoro, le lamentele rendono la quotidianità più pesante e difficile. L’abitudine a lamentarsi peggiora le relazioni tra colleghi, riducendo le possibilità che si crei un ambiente dinamico e stimolante. Le lamentele non sono dannose soltanto per chi le fa, ma anche per chi le subisce, influendo in modo negativo sul modo di pensare delle persone. Si diventa più diffidenti e meno propensi ad aiutarsi vicendevolmente. A pensare che le soluzioni debbano cadere dal cielo e non che siano il frutto di impegno, costanza e partecipazione. In questo senso, per chi si occupa del personale in azienda, sarà importante creare un ambiente positivo e propositivo, dove coltivare il talento e le abilità individuali e indirizzare le lamentele all’interno di un processo costruttivo e di crescita.
Uno dei problemi principali di chi si lamenta è l’incapacità di mettersi in gioco e di affrontare il cambiamento.
Laura Campanello, filosofa e pedagogista, afferma infatti che “la lamentazione non serve a cambiare direzione, anzi. Spesso è piena di alibi per evitare il cambiamento della situazione stessa. Costa molto tempo ed energie cercare di mantenere in piedi una diga che sta crollando, molte di più che lasciarla cadere per ricostruire qualcos’altro, semplicemente altrove, o differente, ma almeno le energie verranno impiegate per qualcosa che possa avere un presente abitabile e un futuro desiderato. Spesso il cambiamento spaventa più della situazione che pare insopportabile. Ma perché adattarsi se si può pensare diversamente e vivere altrimenti, se si possono abitare mondi migliori?”.