“Voi potete chiamarmi Dott. X, lavoro nel campo delle risorse umane.
Ho iniziato la mia gavetta come giovane selezionatore. Poi mi sono occupato di formazione. E via via ruoli di crescente responsabilità.
Adoro il mio lavoro e mi piace lavorare nelle risorse umane. Ho solo un problema, mi stanno profondamente sul cazzo le persone.
Per carità non tutte… una buona parte.
Com’è possibile che chi si occupa di risorse umane odi le persone? Beh, io lo chiamo cinismo professionale. Come il chirurgo che non vede persone ma pezzi di carne.
Ma probabilmente me la sto raccontando.
La risposta è molto più semplice.
Sono uno stronzo.“
Questa descrizione si trova sul sito di Risorse Inumane e ovviamente anche nel libro che porta questo titolo. In un momento storico in cui si continua a parlare di aziende human-centric, come resistere alla tentazione di intervistare un direttore del personale, ormai noto per le sue pubblicazioni dissacranti sul mondo HR? Ed eccomi qua, con Denis Murano o Dottor X.
Quando ti è venuta l’idea di parlare in modo così disincantato del mondo degli HR e cosa è successo quando sei diventato tanto popolare con i tuoi libri?
Lavoro da anni nel settore delle Risorse Umane, e mi ero stancato di libri che continuavano a raccontare di un mondo imprenditoriale e manageriale fatto di persone illuminate e unte dal signore. Anche perché nella mia esperienza non ne avevo incontrata nemmeno una. Forse sono sfigato io. Allora ho deciso di raccontare la mia realtà che ho scoperto essere poi simile all’esperienza di tante altre persone.
In realtà la popolarità non ha influito sul mio lavoro e sui miei modi, e non volevo assolutamente che succedesse per questo ho scritto il mio libro con uno pseudonimo. Però ho notato nel corso degli anni che il mio libro è stato di ispirazione ad alcune persone che sono emerse anche loro a raccontare la loro realtà. Forse qualcosina siamo riusciti a smuovere.
Il mondo del lavoro è molto cambiato dopo la pandemia. Siamo passato dalle Grandi dimissioni al Quiet Quitting, insomma le persone se ne vanno o restano ma lavorano il minimo indispensabile. È cambiato anche il modo di lavorare degli HR manager?
Le persone si sono rotte i co****ni di sottostare ad una cultura del lavoro retrograda e mediocratica. E, come sempre accade, le aziende e gli HR se ne sono accorti in ritardo e stanno facendo di tutto per correre ai ripari. Il fatto è che le persone quando sono al lavoro hanno iniziato a farsi una domanda. Ne vale la pena? E la risposta purtroppo spesso è NO.
E la conseguenza naturale è cercare altro. Non conta più il brand o il blasone di un’azienda. Conta come fanno stare i propri collaboratori e se veramente si prendono cura di loro. Un esempio? Lo Smart Working non è più un fattore accessorio ma una condizione imprescindibile per molti.
In Selezioni Inumane scrivi che il candidato ideale non è il migliore in assoluto ma quello che genera meno resistenze al cliente e meno danni. Il recruiting è davvero così cinico?
Anche più di così. Il recruiter guadagna se riesce a inserire oggi il candidato in azienda. A pochi interessa cosa succederà tra un anno o due. A quel punto la fattura sarà già incassata.
Sempre in Selezioni Inumane scrivi che fare il selezionatore non è un lavoro per tutti. Quali caratteristiche deve avere un recruiter?
Un recruiter deve conoscere bene le dinamiche aziendali in generale e poi approfondire quelle del suo cliente. E poi deve essere in grado di scovare le caratteristiche latenti dei propri candidati.
Spesso i recruiter si sentono dei valutatori, anzi quasi degli inquisitori. Cazzate. Il recruiter è un talent scout, deve far emergere le qualità che nemmeno il candidato sa di avere. Ecco questo significa saper fare il proprio lavoro.
In Risorse Inumane sostieni l’inutilità delle riunioni con più di due persone e che durano più di 30 minuti. La pandemia ha portato a moltiplicare le riunioni (da remoto soprattutto) e anche il recruiting spesso è digital. Pensi che il digital recruiting sia più/meno efficace di quello tradizionale?
Il mezzo non modifica la sostanza. Se facciamo le stesse cose di prima ma le facciamo on-line non stiamo praticamente cambiando niente. La pandemia ha portato un’isteria da controllo. Solo che prima il controllo avveniva di persona, con il lavoro da remoto diventa necessario fare riunioni per fare dei controlli da remoto… follia.
Il digital recruiting ha successo solo se è intelligente. Fare i colloqui da remoto non significa fare digital recruiting. Il recruiting innovativo prevede un processo diverso con l’uso di strumenti innovativi digitali, quindi recruiting condiviso, uso dei serious game, eccetera. Ma è inutile fare digital recruiting se poi il manager vuole vederti con il culo sulla sedia davanti la scrivania dell’ufficio.
“Le faremo sapere” è il titolo di un tuo libro ed è la frase tipica che si sentono dire i candidati non selezionati, quali sono le cause più comuni per cui si scartano i candidati?
Partiamo da una constatazione oggettiva. Un processo di selezione soddisfa una persona per deluderne centinaia. I motivi per cui una persona non viene selezionata possono essere molteplici. Alcune motivazioni sono oggettive (mancanza dei requisiti) altre soggettivi (fitting valoriale) in altri casi sono errori del recruiter.
“Linkedin è diventato pieno di chi fino a ieri puliva i cessi in azienda e oggi improvvisamente si è scoperto consulente di carriera ed elargisce consigli a destra e a manca”, scrivi. Come evitare di farsi “fregare” visto che la ricerca di lavoro è diventata un business?
Oddio purtroppo stiamo vedendo di tutto. Gente che è stata cacciata a calci nel culo in ogni azienda in cui ha messo piede che diventa influencer sui temi del lavoro! Persone che nessuna azienda si sognerebbe mai di assumere che pontificano. Aziende che promettono di insegnarti come si trova un lavoro. Alcuni sono diventati la Wanna Marchi del lavoro.
Quando leggete un post andate a vedere anche il curriculum di chi l’ha scritto. Approfondite, cercate di capire la persona che state seguendo o venerando che esperienza ha, da che settore proviene, cosa ha fatto veramente nella vita. A parlare bene sono bravi in molti, la cosa importante però è la sostanza, il saper fare le cose.
“Nessuno ti assumerà per il tuo curriculum, il CV serve solo per arrivare al colloqui”. E allora come si scrive il CV per far breccia nel cuore dei recruiter e quali errori non bisogna fare durante il colloquio?
Il Curriculum efficace è breve, chiaro e centrato. I recruiter vogliono trovare le informazioni che cercano, non gli interessano i titoli, interessa cosa hai fatto, dove e con che risultati. Tutto il resto è fuffa.
Ad un colloquio l’unico errore da non fare è millantare. Bisogna sintonizzarsi con il proprio interlocutore e far diventare il colloquio una chiacchierata. Ecco che allora tutto arriva in maniera naturale.
In un passaggio di Le faremo sapere sostieni che le aziende si sentono più che dei datori di lavoro dei “donatori di lavoro”, il rapporto azienda-risorse umane continua a essere tutt’altro che alla pari o è cambiato qualcosa negli ultimi anni?
Le cose stanno cambiando ma non per merito delle aziende. Le persone hanno iniziato a scegliere, e a valutare. Non sono più disposte a farsi prendere per disperazione. E questo le aziende devono capirlo, altrimenti perderanno le persone migliori e nessuno vorrà più lavorare per loro.
Quali suggerimenti ti senti di dare a chi lavora o vuole lavorare nelle risorse umane?
Ma chi te lo fa fare? ma sei veramente sicur*? Le Risorse Umane non sono un lavoro, ma una missione. Si ha la responsabilità di lavorare con l’elemento più importante, delicato e prezioso dell’organizzazione. Le persone! Per questo non puoi FARE l’HR Manager, devi ESSERE un HR Manager!