I maxi-sgravi per le assunzioni, annunciati da Giorgia Meloni l’autunno scorso e implementati solo quest’anno con il decreto Coesione, favoriranno appena il 5,6% delle imprese. Al contrario, il 25,3% delle aziende subirà un aumento delle imposte a causa dell’abolizione dell’Aiuto per la crescita economica (Ace).
Sgravio-assunzioni solo per poche aziende
Nel contesto economico attuale, caratterizzato da una crescente necessità di stimolare la ripresa e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, le politiche governative sull’incentivazione delle assunzioni giocano un ruolo cruciale.
Una di queste riguarda proprio il maxi-sgravio per le assunzioni, inserito dal Governo nel decreto Coesione dello scorso maggio. Il pacchetto prevede, tra le altre cose, incentivi fiscali per le assunzioni di giovani under 35, donne senza lavoro, persone disoccupate e inattive da almeno 12 mesi.
Tuttavia, recenti dati dell’Istat hanno evidenziato una realtà sorprendente: solo il 5,6% delle imprese italiane ha beneficiato degli sgravi fiscali introdotti per favorire l’occupazione. La notizia arriva in concomitanza con l’abolizione di importanti aiuti destinati alla crescita economica (Ace), misura che ha suscitato reazioni contrastanti nel panorama imprenditoriale del nostro Paese.
Abolizione Ace: le imprese più colpite
Lo studio dell’Istat conferma quanto era già chiaro nella relazione tecnica del decreto Irpef-Ires di ottobre 2023 e misura l’impatto negativo sui settori produttivi. Questo contrasta nettamente con le dichiarazioni e le promesse del Governo.
Secondo le simulazioni dell’ente di ricerca pubblico, le imprese maggiormente colpite dall’abolizione dell’Ace riguardano prevalentemente il settore manifatturiero (32,9%) e quello dei servizi di pubblica utilità (38%). La percentuale di unità svantaggiate aumenta con la dimensione dell’impresa, raggiungendo quota una su due tra quelle con oltre 2 milioni di fatturato o più di 50 dipendenti.
Inoltre, è particolarmente considerevole tra le imprese più solide e dinamiche (42% di quelle con indicatore Isef ‘in salute’), tra quelle aderenti al consolidato nazionale (72,7%), appartenenti a gruppi a controllo nazionale o internazionale, localizzate nelle regioni settentrionali e tra imprese le esportatrici.
La super deduzione del costo del lavoro
Viceversa, le quote più alte delle imprese che beneficeranno dell’introduzione della super deduzione del costo del lavoro per l’incremento occupazionale si osservano nel settore manifatturiero (8%) e delle costruzioni (7,9%), con un incremento proporzionale alle dimensioni dell’azienda.
Complessivamente, gli effetti negativi sul flusso di cassa derivanti dalla combinazione di entrambi i provvedimenti si traducono in un aumento del prelievo Ires fino al 10,2% nel 2024. L’eliminazione dell’Ace comporta un prelievo aggiuntivo del 12,2%, con quote maggiori per le imprese considerate “a rischio” e “fortemente a rischio” (25%) secondo l’indicatore di sostenibilità economica e finanziaria.
Infine, la riduzione del prelievo Ires dovuta al maxi-sgravio lavoro per le nuove assunzioni arriva all’1,9%. È più alta per le imprese del settore delle costruzioni (4,5%), per quelle classificate come “fragili” (5,6%) e “fortemente a rischio” (3,5%) e per le aziende più piccole, con un fatturato fino a 10 milioni di euro o con meno di 50 dipendenti.