Essere un giovane che abita in una grande città è diverso rispetto ad esserlo in una piccola. Questo è quanto si evince dallo studio “Lost in transition”, secondo cui 7 Neet su 10 in realtà lavorano in nero.
I Neet sono giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Il fenomeno viene analizzato nello studio “Lost in transition” che, realizzato dal Consiglio nazionale dei giovani (Cng) in collaborazione con l’Istituto Ricerche Educative e Formative (Iref), offre numerosi spunti di riflessione.
L’indagine fa una distinzione tra ragazzi residenti in città e nelle aree rurali, e mette in evidenza che la metà di loro è economicamente indipendente grazie al lavoro in nero.
Neet e lavoro nero
In Italia i Neet sono 2,1 milioni, pari al 16,1% della popolazione. Oltre sette giovani su dieci hanno dichiarato di aver lavorato in nero, ma la percentuale sale al 90% se si prendono in considerazione coloro che vivono in città.
Per metà dei residenti nelle aree urbane questa forma di lavoro irregolare è importante, perché permette loro di avere un’autonomia tale da non dipendere dalla famiglia di origine. Si impegnano in iniziative sociali e politiche sul territorio e reputano la loro condizione un’opportunità per mettersi in gioco.
Al contrario i ragazzi residenti al di fuori dei grandi centri dichiarano di essere più dipendenti dalle proprie famiglie.
Qual è la formazione dei giovani nelle città e nelle aree rurali?
L’accesso all’istruzione non è uguale nelle diverse aree del paese. La differenza è evidente: ad avere un titolo di laurea o il diploma nelle aree rurali è solo il 9,6% dei Neet, mentre la percentuale sale al 65,3% se ci si sposta nelle aree urbane.
Metà degli intervistati intende lavorare inseguendo il proprio percorso di studi, o imparando un nuovo mestiere. L’altra metà si divide tra coloro che vogliono fermarsi per prendere una pausa e chi non ha fiducia verso il futuro.
Un intervistato su tre sostiene che la loro condizione è dovuta a una pausa sabbatica (29,9%), il 20,5% la vive come necessità per dare una mano in famiglia e il 13% per mancanza di risorse finanziarie.