Boom dei fringe benefit soprattutto per bonus spesa e carburante. Il welfare sociale, ovvero la macro-categoria istruzione, previdenza e sanità, ha rappresentato il 50% della spesa complessiva
Il 2020, caratterizzato dalle importanti difficoltà imposte dalla pandemia, ha rappresentato un banco di prova cruciale delle misure di flexible benefit in termini di ricorso allo strumento come efficace misura di supporto e integrazione al reddito. A offrire un quadro completo dei comportamenti delle aziende rispetto al welfare ci ha pensato il nuovo Osservatorio Welfare di Edenred, che ha condotto uno studio su un bacino di 500 mila utenti e 3 mila imprese su dati 2020, confermandone l’importanza sempre maggiore.
Dalla ricerca è emerso che il credito welfare pro capite disponibile nel corso del 2020 per singolo dipendente è risultato pari a circa 850 euro, importo sostanzialmente in linea con gli 860 euro registrati per il 2019. Questa singola evidenza, si legge nella nota diffusa da Edenred, è di per sé molto rilevante tenuto conto del contesto pandemico e del calo del Pil dell’8,8% nel 2020. A fronte di una caduta del reddito disponibile delle famiglie nel 2020, pari a circa tre punti percentuali secondo le stime di Banca d’Italia, la quota welfare continua a giocare quindi un ruolo importante.
Il 76% del welfare in azienda è risultato essere attualmente erogato sulla base di una scelta unilaterale da parte delle imprese. È importante, tuttavia, sottolineare la crescita della componente contrattata con i sindacati: il 34% dei beneficiari di misure di flexible benefit deriva dalle quote stabilite da un contratto nazionale di categoria (CCNL), mentre coloro che decidono di convertire il premio di risultato cash in servizi welfare rappresenta il 18%, in aumento dal 14% dell’anno prima. In generale crescono le erogazioni di welfare sulla base di accordi sindacali vincolati al premio di risultato dal 15,6% del 2019 al 19,5% del 2020.
Una prima evidente novità nella composizione complessiva dei consumi risulta essere il peso dell’aggregato fringe benefit e area ricreativa, macro-categoria che raggiunge nell’anno il 45% circa dei consumi rispetto al 41% circa del 2019, in costante crescita negli anni. A causa delle restrizioni dovute alla pandemia si è assistito da una parte alla contrazione dell’area ricreativa, passata dal 22% circa del 2019 al 15% del 2020. Mentre dall’altra c’è stato un incremento del fringe benefit, aumentato dal 18% circa nel 2019 al 30% circa nel 2020, grazie all’intervento di spinta del Legislatore che ne ha previsto un raddoppio della tasca di esenzione fiscale per il solo 2020 con il “Decreto Agosto” passando dai canonici 258,23 a 516,46 euro. Tra i beni in natura che beneficiano di questa disciplina di favore si annoverano, tra gli altri, buoni spesa e buoni carburante.
L’aggregato di spesa relativo al welfare sociale, ovvero la macro-categoria istruzione, previdenza e sanità, continua a ricoprire circa il 50% dei volumi di spesa complessivi anche per il 2020, in lieve calo dal 54% circa dell’anno precedente; in particolare calano, rispetto al totale, le spese per rimborsi istruzione (dal 33,8% nel 2019 al 28,3% nel 2020) parzialmente bilanciate da un aumento di spesa in previdenza integrativa e complementare (dal 12,7% nel 2019 al 13,7% nel 2020) e assistenza sanitaria (dal 7,6% nel 2019 all’8,9% nel 2020).
Per effetto della pandemia, che ha imposto importanti restrizioni sulla mobilità locale, regionale e interregionale oltre a aver incentivato lo smart-working, si è poi assistito a una riduzione per la voce relativa alle spese per mobilità, che passa dal 3,7% nel 2019 al 2% nel 2020.
Guardando alla distribuzione delle imprese sul territorio il welfare aziendale risulta essere prerogativa di imprese e gruppi societari con sede principale nelle regioni del Nord del Paese: l’81%. Risulta evidente il ritardo nelle regioni del Centro (16%) e del Sud Italia (solo 3%), sedi rispettivamente del 22% e del 31% delle imprese nazionali.