Secondo la legge italiana, registrare le conversazioni un’altra persona, senza il suo consenso, è generalmente illecito. Tuttavia, la registrazione è legale quando avviene a scopo difensivo, ad esempio per tutelarsi da una minaccia o per raccogliere prove in vista di un possibile contenzioso.
Registrare conversazioni sul lavoro: cosa dice la legge
La legge italiana stabilisce che la registrazione di conversazioni tra presenti, effettuata all’insaputa degli interlocutori, costituisce una grave violazione del diritto alla riservatezza. Registrare qualcuno mentre parla rappresenta una violazione della privacy, con possibili conseguenze disciplinari o legali.
Tuttavia, la registrazione è considerata legittima quando avviene a scopo difensivo, ossia risulta necessaria per far valere o difendere un diritto e acquisirne le prove. Ad esempio, questo potrebbe accadere nel caso in cui un lavoratore si trovasse a subire minacce o comportamenti scorretti da parte di colleghi o superiori.
Vietata la diffusione del contenuto audio a terzi
Anche quando la registrazione è lecita, la sua diffusione a terzi non coinvolti nella conversazione, è vietata. In particolare, la legge stabilisce che la registrazione non può essere condivisa con persone estranee, né può essere diffusa sui social media, poiché questo costituirebbe una violazione della privacy della persona registrata.
Il contenuto della registrazione può essere ascoltato esclusivamente dalle persone presenti al momento della conversazione. È, inoltre, vietato inviare registrazioni audio o condividerle con altri colleghi. Chi registra dev’essere fisicamente presente durante la conversazione: non è consentito utilizzare un registratore automatico, né delegare terzi per effettuare la registrazione.
Altre azioni vietate in ambito lavorativo
Mentre le registrazioni audio possono essere utilizzate a scopo difensivo, ci sono alcune azioni che sono assolutamente vietate sul lavoro. La normativa sulla privacy, ad esempio, vieta l’accesso al computer altrui senza previo consenso, anche se non sono richieste credenziali di accesso o si conosce la password.
Allo stesso modo, leggere le e-mail di un collega può considerarsi illecito, poiché la segretezza della corrispondenza, inclusa quella elettronica, è tutelata dalla Costituzione e dal codice penale. Anche se le caselle di posta elettronica aziendali appartengono di fatto al datore di lavoro, le e-mail contenute potrebbero essere considerate private, in quanto nome e cognome sono da considerare dati personali ai sensi del GDPR.
Non si può scattare foto di nascosto ai colleghi
Le restrizioni in azienda si estendono anche alle foto. È vietato, infatti, scattare e diffondere una fotografia a un collega o a un superiore senza il suo consenso. Viceversa, è possibile farlo al di fuori del luogo di lavoro: ad esempio, se un dipendente in malattia viene sorpreso a passeggiare fuori casa, le foto possono essere utilizzate come prova in caso di licenziamento.
Anche la divulgazione di maldicenze o informazioni riservate tra colleghi è limitata, poiché può influire negativamente sull’ambiente di lavoro. Infine, compiere qualsiasi azione che violi o leda la privacy di un collega o del datore di lavoro, può avere conseguenze anche gravi, che vanno dal licenziamento per giusta causa alla reclusione da 4 a 6 anni.