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Reintegro sul posto di lavoro dopo il licenziamento: quando è possibile?

Alcune sentenze hanno apportato importanti novità in tema di licenziamento illegittimo, reintegro e repechage.

Il lavoratore licenziato illegittimamente deve essere reintegrato. Tuttavia ci sono anche dei casi in cui il datore di lavoro, per motivi di crisi e di notevole calo del fatturato, si trova costretto a licenziare il dipendente senza dover necessariamente applicare il repechage.

Il reintegro avviene quando un licenziamento è ritenuto illegittimo e il giudice stabilisce la reintegrazione del lavoratore nel suo posto originale. Le mansioni non cambiano, così come non cambiano la posizione maturata fino al momento del licenziamento, l’orario di lavoro e la sede.

Reintegro: in quali casi il datore di lavoro non è obbligato

Il datore di lavoro “obbligato” a licenziare un proprio dipendente per giustificato motivo oggettivo non è sempre tenuto a erogare la formazione necessaria per impiegarlo in altre attività all’interno dell’azienda. E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 10627/2024, che ha ribadito il principio secondo cui il datore di lavoro non è tenuto al repechage laddove il dipendente non abbia delle competenze compatibili con le diverse mansioni alle quali potrebbe essere adibito.

Licenziamento disciplinare illegittimo e reintegro

Si parla di licenziamento disciplinare illegittimo quando il datore di lavoro viola le norme previste dalla legge. Se, fino a poco tempo fa, l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori prevedeva la reintegra solo nei casi espressamente stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale o dal codice disciplinare, nel 2022 la Corte di Cassazione ha cambiato la situazione. Con le sentenze 11665/2022 e 20780/2022 la Corte ha stabilito che il reintegro del lavoratore è possibile anche nei casi in cui i contratti collettivi prevedano clausole generali per gli inadempimenti del datore, e non più solo in presenza di clausole specifiche.

La reintegra si applica anche nei casi in cui il fatto contestato dal datore non sia mai avvenuto e qualora la condotta non costituisca un illecito disciplinare.

Licenziamento economico illegittimo

In caso di insussistenza del fatto, la reintegra spetta di diritto. Questo accade quando, ad esempio, un datore di lavoro licenzia un lavoratore sostenendo la necessità di ridurre il personale a causa di una crisi. Se i bilanci dimostrano il contrario, il lavoratore dovrà poter tornare al suo vecchio lavoro.

Licenziamento nullo

Il licenziamento si considera nullo quando:

  • è verbale. Il licenziamento deve essere obbligatoriamente messo per iscritto;
  • è ritorsivo. Il licenziamento non può essere messo in atto nei confronti di chi esercita un proprio diritto, come nel caso dello sciopero;
  • è discriminatorio. Il licenziamento non può essere esercitato nei confronti di persone divenute disabili o per il proprio orientamento politico, sessuale e religioso.

Licenziamento illegittimo nei casi di maternità, paternità e matrimonio

Una donna non può essere licenziata dall’inizio della gravidanza fino al primo anno di vita del bambino. La gestazione si può presumere nei 300 giorni precedenti alla data del presunto parto.

Allo stesso modo, il datore di lavoro non può licenziare fino al compimento del primo anno il padre del bambino, né può farlo durante la fruizione del congedo di paternità.

Dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio fino all’anno dalla dal delle nozze, il licenziamento si considera nullo, e deve reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro.

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