Nel panorama lavorativo contemporaneo, la flessibilità è diventata un requisito sempre più richiesto, tanto dai datori di lavoro quanto dai dipendenti. In questo scenario, il concetto di reperibilità ha acquisito una rilevanza crescente, pur trovandosi in una sorta di zona grigia normativa che ha dato luogo a diverse interpretazioni e discussioni.
Cos’è la reperibilità e quali sono le sue implicazioni?
La reperibilità si configura come la disponibilità del lavoratore a intervenire e tornare sul posto di lavoro durante i periodi di pausa o riposo.
Si tratta di una prestazione accessoria e strumentale, distinta dalla normale attività lavorativa, generalmente istituita per:
- assicurare la manutenzione e la sicurezza degli impianti;
- soddisfare esigenze e necessità aziendali in situazioni di necessità e urgenza ovvero in contesti ordinariamente non prevedibili;
- garantire la continuità del servizio nei contesti in cui ciò è essenziale.
Ad esempio, in settori come l’informatica o l’energia, la reperibilità è fondamentale per gestire guasti, malfunzionamenti o minacce alla sicurezza.
La reperibilità può essere prevista dal contratto collettivo applicato in azienda o da una specifica clausola nel contratto individuale di lavoro, sia al momento dell’assunzione che in accordi successivi.
Essa impone al lavoratore l’obbligo di essere disponibile fuori dall’orario di lavoro per eventuali prestazioni e di raggiungere il luogo di lavoro per svolgerle.
Si distinguono due tipi di reperibilità:
- passiva: quando il lavoratore reperibile non viene effettivamente chiamato a svolgere una prestazione;
- attiva: quando il lavoratore reperibile viene concretamente chiamato a svolgere un’attività lavorativa.
Quali sono le regole?
Il periodo di reperibilità del lavoratore va considerato in modo diverso a seconda delle circostanze:
- non rientra nell’orario di lavoro se la disponibilità del lavoratore è compatibile con il riposo, il recupero delle energie e la gestione del proprio tempo libero;
- rientra nell’orario di lavoro se i vincoli imposti al lavoratore limitano significativamente la sua libertà di gestire il proprio tempo.
Nel caso la reperibilità passiva coincida con un giorno festivo o con il riposo settimanale, il lavoratore non ha automaticamente diritto a un riposo compensativo, poiché:
- la reperibilità limita il riposo del lavoratore ma non lo esclude completamente
- viene compensata economicamente attraverso un’indennità aggiuntiva
È importante notare che l’attività lavorativa svolta in regime di reperibilità è equiparata alle attività con periodi di lavoro frazionati. Di conseguenza, il riposo giornaliero può essere fruito in modo cumulativo e non necessariamente in modo consecutivo.
Quali sono gli obblighi del lavoratore reperibile?
La reperibilità comporta per il lavoratore l’obbligo di rispondere alla chiamata. In caso di rifiuto o irreperibilità, il lavoratore potrebbe incorrere in sanzioni disciplinari.
Come viene remunerata la reperibilità?
Al lavoratore in regime di reperibilità viene riconosciuta un’indennità economica aggiuntiva rispetto alla normale retribuzione. L’ammontare di tale indennità può essere determinato in diversi modi:
- dalla contrattazione collettiva;
- in assenza di previsioni contrattuali, dall’accordo tra datore di lavoro e lavoratore;
- in mancanza di accordo, può essere stabilita dal giudice.