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Rinunce e transazioni nel diritto del lavoro: tutto quello che c’è da sapere

Nel rapporto di lavoro, rinunce e transazioni rappresentano strumenti giuridici attraverso cui il lavoratore può decidere di non esercitare alcuni diritti o risolvere controversie con il datore di lavoro. È essenziale comprendere le differenze tra queste due forme di accordo e i limiti imposti dalla legge per tutelare i diritti dei lavoratori.

Cos’è una rinuncia?

La rinuncia è una dichiarazione di volontà unilaterale del lavoratore, attraverso la quale egli sceglie liberamente di non esercitare un suo diritto nei confronti del datore di lavoro. La rinuncia estingue l’obbligazione del datore di lavoro nel momento in cui egli ne viene a conoscenza.

La rinuncia è genuina quando:

  • il rinunciante è consapevole dei diritti di propria spettanza e che possono essere oggetto della rinuncia;
  • il rinunciante ha la concreta volontà di rinunciare a detti diritti;
  • non vi è una controprestazione da parte del destinatario (come invece avviene per le transazioni);
  • l’oggetto della rinuncia è disponibile, determinato o determinabile (non è possibile disporre di un diritto non ancora maturato).

La rinuncia può manifestarsi senza particolari requisiti di forma.

Cos’è una transazione?

La transazione, invece, deve avere forma scritta, ed è un contratto in cui le parti, attraverso reciproche concessioni, pongono fine a una lite già in essere ovvero prevengono una lite che potrebbe sorgere tra loro (art. 1965 Codice civile).

Una transazione è nulla qualora:

  • non vi sia alcuna lite o controversia dal dubbio esito;
  • manchi lo scambio di concessioni reciproche;
  • abbia ad oggetto diritti sottratti alla disponibilità delle parti;
  • l’oggetto della transazione sia illecito;
  • l’oggetto non sia determinato o determinabile;
  • manchi la consapevolezza delle parti circa i diritti di cui si dispone;
  • manchi la volontà abdicativa.

Validità e impugnazione

Il nostro ordinamento giuridico, all’art. 2113 Codice civile, valido sia per rinunce che per transazioni, disciplina la materia dei diritti inderogabili del lavoratore, definendo le disposizioni di legge o di contratto che non possono essere pregiudicate da pattuizioni o disposizioni individuali peggiorative.

Occorre quindi distinguere tra norme produttive di diritti:

  • inderogabili assolutamente indisponibili (non possono mai essere oggetto di rinuncia, transazione, o disposizione da parte del titolare, in nessun contesto o sotto nessuna condizione);
  • inderogabili relativamente indisponibili.

Esempi:

Gli atti che abbiano ad oggetto diritti derivanti da disposizioni relativamente indisponibili possono essere impugnati dal lavoratore con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a renderne nota la volontà.

L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro 6 mesi decorrenti:

  • dalla data di cessazione del rapporto;
  • dalla data della rinuncia o della transazione, se queste sono successive alla cessazione.

Eccezioni in sede protetta

La normativa introduce tuttavia un’eccezione alla generale regola di invalidità di rinunce e transazioni di diritti relativamente indisponibili.

Esistono, infatti, sedi considerate protette ove datori di lavoro e lavoratori possono raggiungere accordi riguardanti diritti che altrimenti non potrebbero essere oggetto di transazioni o rinunce.

Rinunce e transazioni che altrimenti sarebbero invalide, a norma dell’art. 2113, comma 4, c.c., possono essere considerate valide se contenute in verbali di conciliazione o arbitrato sottoscritti:

  • in sede giudiziale;
  • in sede amministrativa innanzi alla Commissione di conciliazione composta presso gli Ispettorati territoriali del lavoro (art. 410 codice procedura civile);
  • in sede sindacale, in presenza delle parti sindacali e secondo le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative (art. 412 ter Codice procedura civile);
  • in sede arbitrale innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale (art. 412 quater Codice procedura civile);
  • in sede certificativa ovvero innanzi alle commissioni di certificazione di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003 (istituite presso Ispettorati territoriali del lavoro, Consigli provinciali dei consulenti del lavoro, Enti bilaterali, Università pubbliche e private, comprese le fondazioni universitarie, e Ministero del lavoro).

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