In un contesto sempre più agile e digitale, cambiano anche i modelli di leadership. Quali caratteristiche devono avere oggi i team leader per guidare la propria squadra verso il successo?
Dimenticatevi della leadership autoritaria basata sul controllo, oggi non funziona più, ed è tutto merito dell’innovazione tecnologica e dello Smart Working che hanno permesso alle aziende di diventate più agili e digitali.
Una profonda trasformazione che ha rivoluzionato il modo di fare business e che ha impatti importanti sulle risorse umane e su come si raggiungono i traguardi aziendali. Le imprese italiane sono preparate per il cambiamento e come cambia il team management in una smart organization?
Ne abbiamo parlato con Mariano Corso, Professore Ordinario di “Leadership and Innovation” presso la School of Management del Politecnico di Milano e docente presso POLIMI Graduate School of Management.
Prof. Corso, dal 2020 il modo di lavorare è completamente cambiato. Lo smart working e il lavoro da remoto hanno di fatto reso superato uno stile di leadership fortemente basato sul controllo. Quali caratteristiche deve avere oggi un team leader?
A fine 2019 gli Smart Worker in Italia erano stimabili in 570.000 lavoratori, prevalentemente concentrati in aziende di grandi dimensioni del settore dei servizi. A pochi giorni dallo scoppio della pandemia di Covid-19, oltre 6,5 milioni di lavoratori in Italia si sono trovati a lavorare da casa, non come scelta, ma come unica alternativa possibile per conciliare tutela della salute e continuità dei servizi. Pur a fronte di una palese improvvisazione e impreparazione, organizzazioni e lavoratori hanno compreso che un modo diverso di lavorare è possibile ed è spesso sorprendentemente efficace ed attrattivo per i lavoratori.
Il team leader di oggi deve essere in grado di trasmettere l’indirizzo strategico dell’organizzazione, trasmettere e mantenere identità e senso di appartenenza, assegnare obiettivi chiari, supportare i propri collaboratori nel perseguire obiettivi sfidanti, dare feedback frequenti e costruttivi, favorire la crescita professionale, essere aperto e propositivo rispetto ai cambiamenti. Tanto più il contesto da cui si parte è rigido, tanto più il manager smart può e deve “utilizzare” le leve della flessibilità e delle nuove tecnologie per accompagnare e sostenere un processo di progressivo ridisegno di processi e dei modi di lavorare e collaborare.
Un leader “smart” deve necessariamente poter contare su un’organizzazione “smart”. Ritiene che in Italia, al di là del lavoro da remoto, un modello organizzativo orientato al vero smart working sia realtà? Non ci sono piuttosto segnali di resistenza o addirittura di ritorno al passato?
Oggi la disponibilità di un’organizzazione ad offrire la possibilità di lavorare da remoto è diventata una sorta di prerequisito di attrattività, in assenza del quale l’organizzazione stessa è considerata un datore di lavoro “di serie B”.
Tutto questo se da una parte ha evitato un ritorno al passato consolidando le nuove aspettative dei lavoratori, dall’altra ha spostato ancora una volta l’enfasi delle organizzazioni nello scegliere ed applicare lo Smart Working, dal miglioramento delle prestazioni organizzative e del benessere delle persone, alla necessità di mantenere attrattività sul mercato del lavoro. Il rischio è che questa enfasi finisca con il fermarsi al puro aspetto quantitativo e formale del “quanti giorni alla settimana” consentire di lavoro da remoto, perdendo la spinta trasformativa che lo Smart Working ottiene quando flessibilità e autonomia nel modo di lavorare vengono proposti come uno stimolo all’innovazione continua e una sfida professionale da “meritare” con i risultati.
Nascondersi dietro regole aziendale stereotipate imponendo alle persone di lavorare in sede in determinati giorni, senza sforzarsi di dare a questa presenza un “significato” in termini di attività di collaborazione e socializzazione, può avere un effetto negativo sulle persone e la loro motivazione.
Si tratta di un cambiamento radicale per manager tradizionali, abituati a fondare il proprio ruolo su principi di gerarchia, supervisione dei compiti, controllo dell’aderenza alle procedure, perché richiede un’importante trasformazione verso uno stile manageriale e di leadership fondato su empowerment, fiducia, responsabilizzazione sui risultati.
In piena digital transformation è fondamentale interrogarsi su come cambia la gestione delle persone nell’era digitale. Qual è, secondo lei, l’approccio più efficace?
L’Osservatorio Smart working definisce quattro principi di leadership su cui i manager dovrebbero orientare il loro sviluppo:
- Empowerment: la capacità di responsabilizzare le persone verso obiettivi sfidanti, di promuovere l’orientamento ai risultati e alla crescita professionale, tenendo conto delle caratteristiche e dei talenti di ciascuno. Il lavoro da remoto per essere efficace richiede di accrescere l’autonomia delle persone nello svolgimento del lavoro e di promuovere una cultura del lavoro per obiettivi, basata sulla fiducia, per evitare che a prevalere siano logiche di controllo sulle procedure e micro-management, che in una situazione di lavoro a distanza risultano particolarmente invasive e deleterie.
- Sense of community: la capacità di sviluppare in ciascuno senso di appartenenza, engagement, fiducia organizzativa, promuovendo la collaborazione non soltanto all’interno del team, ma anche con altri gruppi nell’organizzazione, in modo da facilitare una sempre più profonda condivisione di obiettivi, principi e valori.
- Flexibility: la capacità di promuovere e gestire l’organizzazione delle attività lavorative in modo flessibile, adottando le soluzioni più corrette per bilanciare esigenze personali e aziendali. Perché ciò avvenga, la flessibilità non deve essere concessa o imposta, ma codisegnata e fatta crescere in modo inclusivo e responsabile a livello di team, affinché ciascuno sia nelle condizioni di dare il suo contributo ed esprimere appieno il proprio potenziale.
- Virtuality: la capacità di bilanciare l’utilizzo di tecnologie digitali e altre modalità di interazione, scegliendo il metodo e gli strumenti di volta in volta più efficaci rispetto agli obiettivi e alle attività da svolgere.
Questi principi non devono restare pure enunciazioni, ma vanno accompagnati attraverso azioni di coaching e formazione, facendo poi in modo che si traducano in comportamenti misurabili, che possano essere rinforzati e promossi attraverso i sistemi di valutazione e carriera.
In questa ottica, non va trascurata la formazione degli stessi manager che possono formarsi attraverso corsi, come l’Executive Master in People Management nell’Era Digitale di POLIMI GSoM (Business School del Politecnico di Milano), per rimanere aggiornati sulle pratiche di disegno organizzativo e ingaggio delle persone, da quelle più tradizionali a quelle più recenti, da adottare in contesti di cambiamento tecnologico in azienda.
Fra le grosse sfide che le aziende si trovano a dover fronteggiare in questi anni ci sono sicuramente la talent attraction e l’engagement dei dipendenti. Su cosa suggerisce di puntare e quanto la formazione può essere una leva per attrarre/coinvolgere le persone?
La formazione è sicuramente una leva per motivare e attrarre talenti, ma è anche ciò che permette ad un’azienda di crescere e di migliorarsi.
Le organizzazioni che scelgono di formare il proprio personale su vari argomenti, non solo la leadership ma anche l’innovazione, la sostenibilità e le soft skills, possono avvalersi di percorsi e master executive come quelli offerti dalla Management Academy di POLIMI GSoM, oppure sfruttare loyalty solutions per coinvolgere una parte più ampia della popolazione aziendale.
In questo modo, non solo le aziende avranno collaboratori più preparati, ma potranno rinsaldare il senso di appartenenza e fiducia verso l’organizzazione, con ricadute positive e misurabili sul lungo termine.
Concludo chiedendole un consiglio per le aziende e un consiglio per i lavoratori che vogliano restare al passo con i tempi in un’epoca in cui i cambiamenti sono tanto profondi quanto rapidi. Quali suggerimenti si sente di dare?
Alle aziende mi sento di dire che la sola possibilità di lavorare da remoto, se avulsa da una riprogettazione coerente del modello organizzativo, non solo non raggiunge gli stessi risultati di performance organizzativa dello Smart Working, ma rischia addirittura di tradursi in un boomerang per le organizzazioni e i lavoratori.
Ai lavoratori, di essere “veri Smart Worker”, per raggiungere migliori livelli di benessere, engagement e prestazioni.
Nell’ambito di un modello di Smart Working la leadership deve favorire la flessibilità, il benessere e l’engagement dei lavoratori.
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(Contenuto realizzato in collaborazione con POLIMI GSoM)