Nel post-pandemia le aziende puntano sul modello ibrido, un mix tra lavoro da remoto e in presenza, per ridare slancio alla propria organizzazione
Quando la strada per lo smart working sembrava ormai spianata, negli ultimi mesi molte aziende hanno iniziato a fare dietro-front, incoraggiando i propri dipendenti a ritornare in ufficio. Una tendenza che trova conferma anche nei dati emersi da un recente studio del Politecnico di Milano. Nel 2020, infatti, i lavoratori in smart working sono stati 6,58 milioni (circa un terzo dei dipendenti in Italia), coinvolgendo il 97% delle grandi imprese, il 94% della Pubblica Amministrazione e il 58% delle Pmi. Attualmente, invece, la percentuale dei lavoratori da remoto è calata e si attesta intorno a 30% del totale dei dipendenti.
“L’impressione che abbiamo è che, se fino a qualche mese fa il 70% delle nostre aziende era proiettato tutto verso lo smart working, oggi questa percentuale si sta riducendo” ha dichiarato Matilde Marandola, presidente di Aidp, l’associazione che raggruppa i direttori delle risorse umane. “La sensazione che abbiamo è che dopo questi mesi iniziali ci sia una ubriacatura sul fronte opposto, cioè torniamo a vederci in ufficio, tutti presenti”.
Tuttavia, il modello per cui la maggior parte delle aziende sembra propendere è quello ibrido, una combinazione tra lavoro da remoto e in presenza. In questo modo, le aziende mirano a creare una situazione in grado di soddisfare le proprie esigenze, offrendo maggiore flessibilità ai lavoratori. Allo stato attuale, questo modello ha contorni ancora indefiniti e variabili a seconda delle dimensioni dell’azienda e del settore di riferimento. Alcune imprese si stanno proiettando verso un approccio “remote-first” che prevede una predominanza dello smart working, con sporadiche presenze in ufficio. Viceversa, altre aziende propendono per un modello “office-first”, in cui l’ufficio rimane il centro dell’attività lavorativa.
“Credo che saranno necessari sei o sette mesi di assestamento per capire come si organizzeranno veramente le aziende” ha aggiunto Matilde Marandola. L’orizzonte sembra quel tanto conclamato modello ibrido che in alcune aziende all’estero si sta già prefigurando. Tuttavia, anche in Italia, alcune organizzazioni di grandi dimensioni hanno siglato i primi accordi in tal senso. Tra le file compaiono il Gruppo Generali, Merck Serono, Snam, Acciai Speciali Terni e altre ancora. L’obiettivo è quello di fissare paletti temporali chiari tra remote working e lavoro in presenza, facilitare la gestione con una piattaforma digitale condivisa e introdurre il diritto alla disconnessione.