Secondo la Cassazione lo stalking nei confronti di un collega, anche se commesso al di fuori dell’ambito lavorativo, giustifica il licenziamento per giusta causa
Lo stalking, oltre ad essere punibile con la reclusione, se perpetrato ai danni di un collega comporta il licenziamento per giusta causa. Il suddetto reato, infatti, se commesso nel posto di lavoro lede la credibilità professionale e il rapporto di fiducia con l’azienda. In merito, nella sentenza n.1890/20 della Cassazione i giudici hanno confermato il licenziamento in tronco di un dipendente di Trenitalia colpevole di stalking. Nel caso in esame, il lavoratore aveva iniziato a perseguitare una collega dopo la rottura della loro relazione. Al suo comportamento molesto e minaccioso erano seguiti anche veri e propri atti diffamatori, come l’affissione nei bagni di luoghi pubblici delle stazioni del numero di telefono di lei con invito a contattarla per prestazioni sessuali.
A seguito della condanna, Trenitalia ha licenziato l’uomo, nonostante gli atti persecutori siano stati commessi al di fuori dell’orario di lavoro. Confermato il licenziamento nei primi due gradi di giudizio, la Cassazione ha ribadito quanto espresso dalle precedenti sentenze, sottolineando che “può essere giusta causa di licenziamento anche lo stalking commesso al di fuori dell’ambito lavorativo, quando la vittima è un collega e la condotta è così grave da ledere il vincolo di fiducia tra le parti”.
In linea con quanto espresso dalla Corte Suprema, di recente la Corte d’Appello di Milano ha confermato la liceità del licenziamento con la sentenza n.840/21. Nel caso di specie, un commissario di polizia, approfittando del sistema di videosorveglianza istallato nel luogo di lavoro, perseguitava una collega della quale si era invaghito. La donna accortasi del comportamento molesto dell’uomo lo aveva denunciato per stalking. La gravità del reato, accentuata dal fatto che lo stesso era un pubblico ufficiale, ha spinto il Comune a licenziare il dipendente. L’uomo, ritenendo inadeguato il provvedimento a suo carico, poiché esente da precedenti sanzioni disciplinari, ha presentato ricorso. Tuttavia, la Corte d’Appello ha confermato il licenziamento per giusta causa, sottolineando la sua legittimità anche in assenza di precedenti sanzioni.