Stando all’ultima edizione del Salary Budget Planning Report, gli stipendi in Italia cresceranno nel 2021 del 2,1%, con evidenti differenze da settore a settore
La crescita degli stipendi frena di fronte al virus. È quanto emerso dall’ultima edizione del Salary Budget Planning Report stilato da Willis Towers Watson sulla base di 18 mila risposte raccolte fra ottobre e novembre del 2020. La crescita media delle retribuzioni in Italia per l’anno in corso sarà del 2,1%. Un dato leggermente inferiore rispetto a quello registrato lo scorso anno (2,4%), ma in linea con la media degli altri Paesi europei. In Olanda, Germania e Regno Unito è previsto un aumento dei salari del 2,4%, mentre in Francia e Spagna del 2%. Il calo degli stipendi è una diretta conseguenza della pandemia e pesa maggiormente per i settori più colpiti dalla crisi.
Infatti, tra i vari comparti, quello che presenta una crescita degli stipendi inferiore è l’automotive, con l’1,7%. Un po’ meglio il settore chimico, del largo consumo e del retail, con previsioni che parlano di una crescita dell’1,9%. In linea con la media nazionale il settore dei servizi finanziari (2,1%). Più consistente invece la crescita per quei settori che sono stati “avvantaggiati” dalla crisi, come il comparto utility, hi-tech, energia, farmaceutico e media, in cui l’incremento degli stipendi si attesta tra il 2,2% e il 2,5%.
“Il tasso di crescita previsto per l’Italia va inteso come moderatamente positivo e riflette un sistema a due livelli di contrattazione, nazionale e aziendale” ha commentato Rodolfo Monni, Responsabile indagini retributive di Willis Towers Watson. “Esso ha garantito in modo continuativo a quadri e operai aumenti di retribuzione minimi, nell’ordine dell’1,5% medio, anche nei momenti di crisi”.
Un altro tema importante che s’intreccia con gli stipendi dei lavoratori, è lo smart working. Il lavoro da remoto non è più un’eccezione, ma la normalità per molte aziende. Altre, si stanno adoperando per mettere i propri dipendenti nelle condizioni di lavorare da casa. Lo smart working, oltre ad entrare nelle abitazioni degli italiani, sembra destinato ad entrare anche “come una componente variabile nelle voci della busta paga; voce che potrebbe essere la seconda fase dell’offerta di compensazione del mix fra stipendio e benefit”.