Il periodo di prova rappresenta una fase cruciale nel rapporto di lavoro, permettendo sia al datore di lavoro che al lavoratore di valutare la reciproca idoneità prima di confermare l’assunzione in via definitiva.
L’articolo 7 del Decreto Legislativo n. 104 del 2022, noto come Decreto Trasparenza, ha introdotto disposizioni specifiche in merito alla durata massima del periodo di prova. Successivamente, la Legge n. 203 del 13 dicembre 2024 (Collegato Lavoro) ha apportato ulteriori modifiche, rafforzando e dettagliando tali disposizioni.
Quale è la durata massima del periodo di prova?
Il comma 1 dell’articolo 7 del Dlgs 104/2022 stabilisce che il periodo di prova, ove previsto, non può superare i sei mesi, salvo diversa previsione dei contratti collettivi che possono stabilire una durata inferiore.
Questa disposizione mira a uniformare la durata massima del periodo di prova, garantendo al contempo la possibilità per la contrattazione collettiva di adattare tale periodo alle specificità dei diversi settori lavorativi.
Quali specifiche per i tempi determinati?
Il comma 2 dell’articolo 7 del medesimo testo di legge disciplina il periodo di prova nei rapporti di lavoro a tempo determinato, prevedendo che esso debba essere proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere, in relazione alla natura dell’impiego.
Inoltre, in caso di rinnovo di un contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni, non è consentito un nuovo periodo di prova, riconoscendo l’esperienza già maturata dal lavoratore.
La Legge n. 203/2024 ha integrato questo comma introducendo un criterio specifico per determinare la durata del periodo di prova nei contratti a tempo determinato.
Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro ma con i seguenti limiti:
- per rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, il periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni.
- per rapporti di lavoro aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi, il periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a trenta giorni.
Questa modifica introduce un criterio proporzionale più preciso, garantendo una maggiore equità nella determinazione del periodo di prova in relazione alla durata del contratto a tempo determinato.
E in caso di assenza?
Il comma 3 dell’articolo 7 prevede che, in caso di eventi sopravvenuti come malattia, infortunio o congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova sia prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza assicurando così che entrambe le parti possano disporre del tempo necessario per valutare adeguatamente la reciproca idoneità, senza che eventi imprevisti riducano il periodo di prova previsto.
Dubbi applicativi
La norma recita testualmente “fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva” non definendo però quali siano i parametri oggettivi per misurare cosa sia più favorevole o cosa no.
Ad esempio, un periodo di prova previsto dal ccnl applicato più breve rispetto alla norma è più favorevole?
Così come non è chiaro come sia stato determinato il massimo del periodo di prova rispetto al calcolo.
Ad esempio, un contratto a termine fino a sei mesi, avrà un periodo di prova di 12 giorni mentre il massimo fissato dalla norma è 15 giorni raggiungibile solo con 225 giorni di contratto che però corrispondono ad un periodo superiore a 6 mesi.