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Università e lavoro: quali sono i laureati che guadagnano di più?

Il University Report 2024 dell’Osservatorio JobPricing conferma che i laureati hanno migliori opportunità di carriera e retribuzioni più alte rispetto a chi non è laureato. Tuttavia, si evidenziano differenze significative tra Nord e Sud, rispetto alla tipologia di ateneo e alle materie studiate.

I laureati in Italia guadagnano il 45% in più rispetto ai non laureati

Laurearsi conviene ancora. È quanto emerso dall’ultima edizione del “University Report 2024” dell’Osservatorio JobPricing che ha evidenziato il valore dell’istruzione universitaria nel contesto del mercato del lavoro in Italia. Secondo i dati raccolti, i laureati italiani di qualsiasi classe d’età hanno maggiori probabilità di trovare un’occupazione rispetto ai non laureati.

Coloro i quali possiedono titoli di studio superiore mostrano tassi di occupazione migliori (81,6%) rispetto a chi possiede un diploma o la licenza media/elementare (rispettivamente 66,8% e 44,7%). Inoltre, i laureati guadagnano in media il 45% in più rispetto ai non laureati, con una differenza di circa 13.000 euro sulla Retribuzione Annua Lorda (RAL). Questo conferma che investire nell’istruzione terziaria non solo apre le porte a migliori opportunità lavorative, ma garantisce anche una carriera più remunerativa.

L’analisi del rapporto evidenzia, però, marcate differenze a livello regionale e per tipologia di ateneo. I laureati delle università private e dei politecnici beneficiano di RAL mediamente superiori rispetto a quelli dell’università statale. Gli atenei del Nord Italia e le istituzioni private come il Politecnico di Milano e l’Università Commerciale Luigi Bocconi offrono ai loro laureati prospettive di guadagno migliori rispetto a quelli del Sud. Ad esempio, i laureati del Politecnico di Milano guadagnano in media il 17,6% in più rispetto ai loro omologhi dell’Università degli Studi di Cagliari.

Le discipline STEM sono quelle che pagano di più

Le discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), con ingegneria gestionale in testa, si confermano ancora una volta come le più remunerative e stabili per la classe d’età 25-34 anni. I neolaureati in queste aree percepiscono salari mediamente più alti del 4% rispetto alla media nazionale e godono di una maggiore stabilità occupazionale. Questo riflette la crescente domanda di competenze tecniche e digitali nel mercato del lavoro, che premia chi ha investito in una formazione specializzata in questi settori.

Il University Payback Index (U_P_I), introdotto nel report, offre una misura concreta del tempo necessario per recuperare l’investimento nell’istruzione superiore. Anche in questo caso, gli atenei del Nord e quelli privati mostrano tempi di recupero significativamente più brevi rispetto agli atenei del Sud, confermando la loro superiorità non solo in termini di retribuzione iniziale, ma anche di rapidità nel ritorno dell’investimento. Per esempio, il Politecnico di Milano presenta un U_P_I di 12,2 anni per gli studenti in sede, un tempo nettamente inferiore rispetto all’Università degli Studi di Cagliari che presenta un U_P_I di 17,6 anni.

Differenze retributive tra atenei e valore del titolo di studio

Il report fornisce anche un quadro dettagliato delle retribuzioni medie dei laureati nelle varie università italiane, evidenziando una notevole disparità tra gli istituti. Ad esempio, i laureati dell’Università Commerciale Luigi Bocconi e del Politecnico di Milano hanno una RAL media rispettivamente di 38.390 euro e 37.751 euro per la classe di età 25-34 anni. In confronto, le università del Sud Italia offrono retribuzioni medie inferiori, dimostrando come la scelta dell’ateneo possa influenzare significativamente il futuro retributivo dei laureati.

Andrea Anselmi, Consultant di JobPricing, ha sottolineato l’importanza di investire in un percorso di formazione universitaria, non solo per i benefici individuali, ma anche per l’impatto positivo sulla società nel suo complesso. L’istruzione superiore contribuisce infatti ad aumentare la produttività, il benessere e la coesione sociale, riducendo al contempo le disuguaglianze economiche.

In conclusione, il “University Report 2024” conferma che l’istruzione universitaria rimane un investimento fondamentale per il futuro, sia a livello individuale che collettivo. Tuttavia, emergono chiaramente le necessità di affrontare le disuguaglianze regionali e di adeguare l’offerta formativa alle esigenze del mercato del lavoro, con un focus particolare sulle discipline STEM e sulle competenze digitali.

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